Quando lo scorso giugno lo studio di videogiochi sudafricano Nyamakop ha presentato Re­looted al Summer game fest di Los Angeles, ha svelato qualcosa di più del solito videogioco di rapine. Gli sviluppatori hanno mostrato quella che potrebbe essere la più audace rivendicazione sul rimpatrio culturale mai fatta nel settore dei videogiochi: i giocatori si attivano per recuperare opere d’arte africane rubate dai musei occidentali attraverso elaborate rapine digitali.

Re­looted (ri-rubare) è descritto come un gioco di rapina ambientato “in un ventunesimo secolo ispirato al futurismo africano, all’indomani della firma di un trattato che prometteva il rimpatrio di opere d’arte africane dai musei occidentali. Una svolta dell’ultimo minuto però ha fatto deragliare l’accordo e adesso la tua squadra, composta da persone provenienti da diversi paesi africani deve darsi da fare per riportare a casa settanta manufatti”.

Come Robin Hood

Le premesse del gioco sono semplici: in un futuro prossimo in cui un trattato internazionale stabilisce che le opere d’arte africane devono essere restituite ai paesi di origine, quando i musei non rispettano gli accordi i giocatori entrano in una cricca di ladri. Nello scenario immaginato dall’ambientazione di Re­looted, gli africani non aspettano che siano le istituzioni occidentali a fare la cosa giusta, ma passano all’azione.

Questa platform disseminata di enigmi, che ricorda i primi giochi di Tomb raider o Prince of Persia, richiede di compiere complicate rapine per recuperare oggetti sottratti illegalmente. I giocatori cercano di togliere le opere d’arte africane ai musei occidentali reclutando complici e pianificando vie di fuga e audaci irruzioni. Sotto le agili meccaniche di gioco però si nasconde una domanda molto seria: può un mezzo di comunicazione interattivo riuscire là dove decenni di sforzi diplomatici hanno fallito?

I dati dietro le premesse immaginarie di Re­looted raccontano una realtà sconfortante. Si stima che le collezioni occidentali detengano il 90 per cento del patrimonio culturale dell’Africa subsahariana. Una percentuale altissima, che trasforma questo videogioco da intrattenimento a strumento di sostegno politico.

Se si pensa che istituzioni importanti come il British museum conservano migliaia di manufatti africani, molti dei quali sono stati acquisiti durante il periodo coloniale, è chiaro che Re­looted non ha a che fare tanto con la fantasia quanto con una storia di giustizia frustrata.

Relooted (Nyamakop)

Non è la prima incursione di Nyamakop nel mondo del gaming con finalità politiche. Lo studio, che ha sede a Johannesburg, in Sudafrica, si è costruito una fama con giochi che si misurano con l’identità africana e i problemi sociali. Re­looted rappresenta però un confronto diretto con l’ingiustizia storica e usa il gioco di rapina, tradizionalmente associato a protagonisti ambigui sul piano morale, per ridefinire chi sono i veri criminali.

A rendere questo nuovo videogioco particolarmente interessante è il modo in cui sfrutta la natura interattiva del mezzo. A differenza dei documentari o dei saggi accademici sul rimpatrio degli oggetti d’arte, ci fa calare nel ruolo di agenti attivi, e questo trasforma dibattiti politici astratti in viscerali esperienze personali.

Adotta un approccio in stile Robin Hood, evocando il più famoso redistributore di ricchezze della tradizione. Se però Robin Hood rubava a individui ricchi, i protagonisti di Re­looted prendono di mira istituzioni che hanno costruito tutta la loro identità intorno all’esposizione di tesori appartenenti ad altre culture.

Il momento è significativo. Nel mondo reale i tentativi di rimpatrio hanno conosciuto un nuovo slancio negli ultimi anni e hanno coinvolto molte grandi istituzioni: sia la Francia sia la Germania, per esempio, si sono impegnate a riconsegnare dei manufatti al Benin, e negli Stati Uniti la Smithsonian institution ha già cominciato a restituire delle opere d’arte delle sue collezioni. I progressi però continuano a essere lenti e generano frustrazione a causa della burocrazia, delle complessità legali e della resistenza delle istituzioni.

Un punto di vista africano

“Le comunità dei videogiocatori, soprattutto nel segmento demografico più giovane, grazie a Re­looted potrebbero essere esposte a riflessioni sul rimpatrio delle opere d’arte che non conoscerebbero se seguissero solo i soliti dibattiti”.

Re­looted solleva interrogativi interessanti sul ruolo dei videogiochi: possono generare una pressione in grado di determinare un cambiamento nel mondo reale? O rischiano piuttosto di ridurre complesse ingiustizie storiche a semplice intrattenimento? Il videogioco di Nyamakop offre qualcosa di estremamente raro: voci africane che affrontano preoccupazioni africane attraverso una prospettiva africana. Re­looted rappresenta creativi africani che raccontano storie africane da un punto di vista africano, in un settore ancora dominato da studi e narrazioni occidentali.

Questo protagonismo riflette tendenze più ampie nella produzione culturale del continente, dall’espansione di Nolly­wood ai successi internazionali nella letteratura. Re­looted segue la scia di questa tradizione di creativi africani che non aspettano il permesso per raccontare le loro storie.

Il gioco dimostra in che modo i mezzi di comunicazione interattivi possono affrontare temi politici seri senza sacrificare la loro natura fondamentale di strumenti d’intrattenimento. Prova che gli sviluppatori africani possono affrontare temi culturali complessi creando al tempo stesso dei prodotti per un pubblico internazionale sostenibili sul piano commerciale.

In un’epoca in cui i musei custodiscono ancora milioni di manufatti africani ottenuti attraverso la violenza coloniale, le rapine digitali di Re­looted possono rappresentare il genere di distruzione creativa di cui hanno bisogno i movimenti per il rimpatrio delle opere. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1630 di Internazionale, a pagina 85. Compra questo numero | Abbonati