Il governo del presidente colombiano Iván Duque sta portando avanti tre strategie per neutralizzare la protesta. La prima è la cosiddetta “strategia Maduro”, usata in passato dal presidente venezuelano: reprimere le manifestazioni per spaventare le persone e convincerle a restare in casa. La seconda si basa su un dialogo segreto portato avanti con alcuni settori coinvolti per spingerli a farsi da parte, isolando i giovani e indebolendo gli organizzatori del movimento. La terza strategia s’ispira a un metodo usato per anni: creare un clima ostile ai manifestanti nella società.

Finora la strategia del dialogo non ha funzionato. Il governo ha agito in modo impacciato, si è chiuso nel suo guscio e ha commesso gravi errori. La strategia della repressione, invece, è stata più efficace. Il governo è riuscito a seminare il terrore in alcuni settori della popolazione. Tuttavia il costo della manovra è stato altissimo: decine di giovani manifestanti sono stati uccisi dalla polizia. Inoltre le condanne della repressione da parte delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione degli stati americani hanno messo il presidente Duque in una posizione difficile.

Anche per gli organizzatori della protesta la situazione è complicata: devono riuscire ad aprire corridoi umanitari per far arrivare viveri e ossigeno alle città militarizzate. Inoltre devono elaborare delle richieste plausibili – un orizzonte di conquiste che guidi le loro azioni – e coinvolgere più persone nella mobilitazione.

Il governo è alle strette e per ora non c’è una strategia valida per uscire dalla crisi. Duque può solo cercare di non annegare nel naufragio. ◆ as

Naufragio Finora la strategia del dialogo non ha funzionato. Il governo ha agito in modo impacciato, si è chiuso nel suo guscio e ha commesso gravi errori. La strategia della repressione, invece, è stata più efficace. Il governo è riuscito a seminare il terrore in alcuni settori della popolazione. Tuttavia il costo della manovra è stato altissimo: decine di giovani manifestanti sono stati uccisi dalla polizia. Inoltre le condanne della repressione da parte delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione degli stati americani hanno messo il presidente Duque in una posizione difficile. Anche per gli organizzatori della protesta la situazione è complicata: devono riuscire ad aprire corridoi umanitari per far arrivare viveri e ossigeno alle città militarizzate. Inoltre devono elaborare delle richieste plausibili – un orizzonte di conquiste che guidi le loro azioni – e coinvolgere più persone nella mobilitazione. Il governo è alle strette e per ora non c’è una strategia valida per uscire dalla crisi. Duque può solo cercare di non annegare nel naufragio. ◆ as

Ariel Ávila _ è un giornalista colombiano. Dirige la fondazione Paz y reconciliación._

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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati