Alle 22.15 del 12 maggio 2020, a più di sei settimane dall’inizio del lockdown, l’Irlanda ha vissuto un momento storico. Gli spettatori sintonizzati su Rté One per seguire Normal ­people, la serie tv tratta dal romanzo Persone normali di Sally Rooney (Einaudi 2019), hanno assistito alla scena di sesso più lunga nella storia della televisione irlandese. Per quattro minuti e quaranta secondi gli attori Paul Mescal e Daisy Edgar-Jones (che interpretano i giovani e tormentati protagonisti Connell e Marianne) si sono esibiti in una performance, con tanto di nudo integrale frontale maschile, che i giornali del giorno dopo hanno commentato con toni entusiasti. I personaggi e i loro incontri bollenti hanno catturato il pubblico di Regno Unito e Irlanda, dove la serie è stata vista in stream­ing da quasi venti milioni di spettatori.

Nelle interviste, invece dei soliti sorrisi imbarazzati e delle consuete risposte su quanto fosse strana la situazione, gli attori si sono detti “fieri” delle scene che avevano girato e di essersi sentiti “sicuri”. Tutto questo grazie al lavoro di Ita O’Brien. O’Brien è una coordinatrice d’intimità, cioè una consulente che si occupa di far sentire a proprio agio gli attori nelle scene di sesso, e ha messo la sua firma sulla maggior parte delle scene memorabili che abbiamo visto quest’anno: dalle brutte smorfie durante gli orgasmi e le masturbazioni disfunzionali in Sex education – l’eccentrica serie di Netflix ambientata in un liceo – al sangue mestruale e ai flash­back di uno stupro in I may destroy you, l’innovativa commedia drammatica della Bbc sul consenso sessuale.

Ita O’Brien a Londra, giugno 2020 (Hanna-Katrina Jędrosz)

Per O’Brien è stata “una gioia” lavorare con Michaela Coel, la sceneggiatrice e attrice protagonista di I may destroy you. “È stata fenomenale”, commenta. “È stato un piacere osservare la sua grande capacità di trasformarsi, la sua concentrazione e la sua umiltà, la sua normalità e la sua abilità nel coinvolgere gli altri, il tutto mettendo in scena una rappresentazione dell’intimità estremamente innovativa, che denuncia varie forme di abuso e lo fa apertamente, e non teme di parlare del sesso durante le mestruazioni. Mi ha fatto pensare: ‘È così che si fa! Grazie!’”.

Girare scene come quelle contenute in I may destroy you, in parte basate sull’esperienza personale dell’autrice, può essere difficile per gli attori. Ma O’Brien cerca di fare il grosso del suo lavoro prima del giorno delle riprese. Parla con gli attori, discute della scena con il regista e i collaboratori per evitare sorprese, studia ogni passaggio della “coreografia” prevista dalla sceneggiatura e verifica che gli attori acconsentano a ogni gesto. Per esempio, se è previsto che uno tocchi i genitali dell’altro, l’interessato dovrà decidere in quale parte esatta del corpo può essere toccato, magari un punto specifico della coscia.

Questo metodo serve a creare un’atmosfera calma e professionale in situazioni che potrebbero essere snervanti per gli attori. Nel sesto episodio di I may destroy you, per esempio, uno studente di nome Ryan cerca di filmare senza permesso la ragazza con cui sta facendo sesso in un’aula scolastica dismessa.

“Era piuttosto nervoso perché la scena era impegnativa”, dice O’Brien dell’attore Josiah Mutupa. “Ma abbiamo fatto un giorno intero di prove, solo della coreografia. C’è tutta una serie di movimenti da provare, così quando si torna sul set si vedono le cose con chiarezza assoluta”. Mi legge un messaggio che ha ricevuto da Mutupa: “È stato molto divertente girare quella scena, sono molto felice di averti conosciuto”. “La risposta che spero sempre di ricevere”, osserva O’Brien. “Mi fa capire che gli attori sono orgogliosi di come hanno lavorato, che escono rafforzati da quest’esperienza”.

Una normale spettatrice

Abituata a lavorare sul set e sul palco da quando ha cominciato come ballerina di musical a diciotto anni, O’Brien, 55 anni, durante il lockdown è rimasta in casa a guardare come una normale spettatrice le scene a cui aveva fatto da consulente.

O’Brian alla Central school of speech and drama di Londra, 2018 (Sven Arnstein)

“Stavo seduta alla scrivania mentre tutto questo avveniva sotto gli occhi del mondo”, mi dice seduta nel suo studio dall’atmosfera bohémien, con le luci soffuse e le pareti blu notte a motivi geometrici. “Queste serie sono uscite al momento giusto e sono davvero perfette. Era impossibile prevederlo mentre le giravamo”.

O’Brien è stata cresciuta da genitori irlandesi a Bromley, nella zona sudest di Londra, e ha cominciato a studiare danza quando aveva tre anni. La madre si era trasferita a Londra per studiare ostetricia, mentre il padre proviene da una famiglia di allevatori di cavalli, che si trasferì in Inghilterra quando lui aveva dieci anni.

Nel 2006, dopo dieci anni da ballerina e otto da attrice, O’Brien ha cominciato a lavorare sui set come movement director (la consulente che spiega agli attori come migliorare il loro modo di muoversi). È stato allora che O’Brien ha notato che mancava una guida durante le scene d’intimità. Spesso gli attori si sentivano dire semplicemente “va’ e fai quel che devi fare”, spiega con una smorfia, imitando le umilianti istruzioni date da registi che non sapevano che pesci prendere: “Più forte, più forte! Più veloce, più veloce!”.

“Quando devi filmare delle acrobazie, c’è un coordinatore apposta”, spiega. “Se vuoi che un combattimento venga bene, devi fare delle prove, e metti intorno dei materassi per sicurezza. Non ti limiti a dire: ‘Ecco una spada, ora buttati davanti alla cinepresa’. Sappiamo che un attore potrebbe farsi male o rompersi una caviglia se gli si dice semplicemente: ‘Ora vai e comincia a ballare’. Per certe cose c’è bisogno di una coreografia”.

Attori e attrici hanno cominciato a parlare apertamente di quanto si sentivano a disagio durante le scene erotiche dopo che alcune donne hanno accusato di crimini sessuali il produttore cinematografico Harvey Weinstein nell’ottobre 2017, scatenando un’ondata di rivelazioni sugli abusi a Hollywood. A novembre del 2019 la protagonista della serie Il trono di spade, Emilia Clarke, ha detto di aver subìto pressioni affinché girasse alcune scene di sesso “terrificanti”, che l’hanno fatta piangere. Nel 2017 Nicole Kidman ha dichiarato che le scene di abusi nella serie Big little lies l’hanno fatta sentire “profondamente umiliata”.

Linee guida

Non è cambiato molto, a quanto pare, da quando il regista di Ultimo tango a Parigi, Bernardo Bertolucci, si mise d’accordo con il protagonista del film Marlon Brando per girare una scena di stupro non prevista dal copione e senza informare l’allora diciannovenne Maria Schneider (che poi ha detto di essersi sentita “quasi violentata”).

Biografia

1965 Nasce a Londra da genitori irlandesi.

1983 Comincia a fare la ballerina in teatro.

1998 Si diploma in arte drammatica a Bristol.

2006 Lavora sui set come consulente per i movimenti degli attori.

2016 Elabora delle linee guida su come organizzare le scene di sesso in tv, al cinema e in teatro. Fonda l’azienda Intimacy on Set, che offre consulenze e corsi di formazione.


Nel 2016 O’Brien ha cominciato a definire delle linee guida per “l’intimità sul set”. Le ha applicate per la prima volta nel marzo del 2017 per una scena di “porno alieno” in Electric dreams, un adattamento televisivo dei racconti di fantascienza di Philip K. Dick.

Le sue direttive sono semplici: discutere ogni gesto con gli attori per essere certi che diano il loro consenso, avere sempre una terza persona presente alle prove, non chiedere di spogliarsi durante le audizioni o i provini, fare in modo che il reparto costumi offra delle coperture per i genitali. Nella pratica gli ostacoli possono essere anche molto banali: per esempio in Normal people una scena di baci è stata interrotta perché la barba lunga del protagonista irritava la pelle della partner.

Dopo le scene emotivamente impegnative di I may destroy you, O’Brien ha voluto assicurarsi che gli attori uscissero dai loro personaggi, in un processo chiamato book-ending (chiusura del libro), “fare in modo che, alla fine di tutto, se ne liberino”.

La cosa può risolversi con una doccia o togliendosi un costume. “Ogni attore è diverso, per questo ti chiedi: cosa riuscirà a farlo staccare dal suo personaggio? L’importante è che non rimanga in una posizione vulnerabile”.

È un modo di lavorare semplice e diretto, ma pionieristico. Nel Regno Unito alcune organizzazioni del settore hanno di recente cominciato a collaborare con O’Brien. Tra queste il sindacato di attori Equity, il British film institute e Directors Uk, l’associazione professionale dei registi britannici. Quest’ultima ha pubblicato lo scorso novembre le proprie linee guide su come filmare la nudità e l’intimità.

Da quando ha creato la sua azienda, Intimacy on Set, nell’aprile del 2018, O’Brien ha insegnato a persone di tutto il mondo, dalla Nuova Zelanda agli Stati Uniti, come si diventa coordinatori d’intimità: servono circa due anni per ottenere un attestato.

Ma convincere il settore a cambiare, ammette O’Brien, è stato “difficilissimo”. L’anno scorso un regista, di cui non vuole rivelare il nome, le ha ordinato di “starsene in disparte e non fare niente” durante una scena di sesso. “C’era un momento di sesso orale, con una persona all’estremità di un corpo. Serviva una risposta dall’altra estremità, ma gli attori non erano sincronizzati”, racconta sospirando. “Così non si ottiene il risultato desiderato”.

O’Brien è spesso vittima di “prese in giro e battute maschiliste” a causa del suo lavoro e alcuni lavoratori delle troupe l’hanno soprannominata “la poliziotta contro il divertimento”. Ma sono stati smentiti dal successo delle scene di sesso coordinate da O’Brien. “Quando gli attori si sentono a loro agio, noi come spettatori possiamo apprezzare i personaggi, perché non abbiamo di fronte delle persone che sono state messe in una posizione di vulnerabilità”. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1375 di Internazionale, a pagina 74. Compra questo numero | Abbonati