I l 23 gennaio decine di migliaia di persone hanno manifestato contro l’arresto di Aleksej Navalnyj in tutto il paese, anche in provincia. Forse non si può parlare di una rivoluzione, ma di certo siamo di fronte a una situazione politica nuova. Navalnyj non è tornato in Russia invano.
Secondo il sito indipendente Ovd Info, alle 13.50 del 24 gennaio nel paese le persone in stato di fermo per i cortei del giorno prima erano 3.181. È un record: durante la mobilitazione anticorruzione del 2017 erano stati fermati 1.769 manifestanti. Le proteste si sono svolte in decine di città e hanno coinvolto 160mila persone. A Mosca erano ventimila, una cifra altissima per un corteo non autorizzato.
Prova di forza
Pur riconoscendo che in piazza c’era più gente rispetto alle proteste contro il regime dell’agosto 2019, alcuni commentatori affermano che non c’è stato nessun salto di qualità e che è sbagliato aspettarsi grandi conseguenze politiche. Bisogna però ricordare che le persone hanno manifestato dopo un anno passato a casa in isolamento. La scorsa estate nessuno ha protestato contro la modifica alla costituzione voluta dal presidente Vladimir Putin o contro l’avvelenamento di Navalnyj. Sembrava che nel paese regnasse l’apatia.
A spingere la gente in piazza è stata l’adozione, tra ottobre e dicembre, di un pacchetto di nuove leggi repressive: misure che prevedono sanzioni penali per chi partecipa a manifestazioni, che complicano il lavoro dei giornalisti, che rendono più difficile organizzare raduni pubblici e che rafforzano la censura. Insomma, nessuno ha coordinato i cortei del 23 gennaio: formalmente non sarebbe stato permesso, e poi la polizia aveva cominciato a mettere in guardia gli attivisti già da un paio di giorni. La diffusione delle proteste in tutto il paese è stata quindi un fatto inatteso.
Questi elementi rivelano un dato importante: il generale malcontento dei russi. Anche se per motivi diversi – c’è chi si preoccupa perché Putin potrà rimanere al Cremlino per altri due mandati e chi per l’aumento dei prezzi e la mancanza di lavoro – l’insoddisfazione è largamente diffusa. Ed è stata alimentata dal film di Navalnyj sul principesco palazzo di Putin sul mar Nero. L’arresto del blogger era già un motivo d’indignazione sufficiente, ma accompagnato dalle immagini dei banchetti dei potenti sulla pelle del popolo piegato dalla pandemia è stato ancora più efficace.
Le proteste influiranno inevitabilmente sul destino di Navalnyj. Anche se il Cremlino non sembra più preoccuparsi della propria reputazione, ora sarà più difficile uccidere o tenere in carcere l’oppositore. È probabile che ci saranno conseguenze anche sul voto legislativo di settembre. Navalnyj ha già mostrato di poter mobilitare forze importanti in tutto il paese. E oggi i russi arrabbiati sono più numerosi che in passato.
La repressione
Prima dell’inizio delle proteste molti temevano uno “scenario bielorusso”, con violenze e brutalità senza freni da parte della polizia, timori in parte suscitati dai mezzi d’informazione filogovernativi. Alla fine le forze dell’ordine non hanno sparato granate stordenti o proiettili di gomma né hanno usato i cannoni ad acqua per disperdere la folla. Tuttavia la repressione è stata peggiore che nel 2019. Non si erano mai visti tanti arresti. Inattesa è stata anche la resistenza dei manifestanti. A Mosca e a San Pietroburgo alcuni hanno attaccato i cordoni della polizia antisommossa per liberare gli arrestati. È improbabile che si tratti di provocatori: la verità è che il livello di rabbia e di radicalizzazione è molto elevato.
Tutto questo avrà ovviamente risvolti negativi. In diverse città sono già stati avviati procedimenti penali per violenza contro pubblici ufficiali. Le autorità hanno ormai perso qualsiasi freno. L’avvelenamento di Navalnyj e il suo arresto ne sono la prova. Per questo chi è stato fermato per le ultime proteste rischia di essere vittima di una vera persecuzione giudiziaria.
Oggi in Russia una deriva bielorussa è del tutto possibile, perché Putin, anche se sta perdendo gradualmente la sua legittimità, non perderà il potere.
Il peso dei giovani
Un’altra bugia messa in giro dalle autorità: Navalnyj convoca i ragazzini in piazza e li espone al rischio dei manganelli. L’accusa è stata discussa su giornali e tv vicini al governo prima della manifestazione (anche se Navalnyj non si è mai rivolto in modo specifico agli adolescenti e l’uso dei manganelli contro una protesta pacifica è incostituzionale). È vero, l’hashtag #svobodunavalnomu (libertà per Navalnyj) è diventato molto popolare sui social network, tra cui TikTok, e molti giovani hanno preso posizione sulla vicenda. Ma in piazza non c’erano molti ragazzini. Secondo alcune stime, a Mosca solo un manifestante su dieci aveva 18 anni o meno. L’età media era comunque bassa: 31 anni. Non c’è nulla di strano: i giovani vogliono un futuro che non somigli al loro eterno presente e ancor meno al passato sovietico. Del resto, le vecchie pratiche sovietiche stanno tornando di moda, anche nella pubblica amministrazione: di recente è stato deciso che i funzionari scelti dal presidente potranno rimanere in carica senza limiti di età. Il nuovo Brežnev e i suoi collaboratori non permetteranno a nessuno di prendere il potere. E presto rimarrà ben poco da spartirsi. ◆ ab
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Questo articolo è uscito sul numero 1394 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati