Per decenni la storia dell’Italia meridionale è stata una storia di partenze e di generazioni di individui costretti a lasciare le colline della Calabria e le spiagge della Sicilia alla ricerca di opportunità nel nord industrializzato o all’estero.
Ora, però, un numero sempre maggiore di emigrati sta tornando a casa, attirato dal miglioramento delle prospettive lavorative e da nuovi progetti infrastrutturali, alimentando la speranza che il divario cronico nella ricchezza tra le regioni italiane possa finalmente cominciare a ridursi.
L’Italia è la terza economia dell’eurozona, ma regioni come la Sicilia, la Campania e la Calabria sono tra le aree più povere dell’Unione europea, come confermano i dati dell’Eurostat.
Una ripresa duratura del meridione stabilizzerebbe i flussi migratori interni e aiuterebbe a migliorare i servizi delle pubbliche amministrazioni, incrementando la competitività dell’intero paese.
Infrastruttura sociale
Cristian Imprescia, 52 anni, geologo, che nel 2019 è tornato in Sicilia dopo aver trascorso diversi anni tra Genova e Bolzano, spiega che l’attuale sviluppo delle infrastrutture al sud gli garantisce il lavoro grazie agli studi fatti per conto delle ferrovie e collaborando anche ad altri progetti. “Ricevo talmente tante richieste che a malapena riesco a tenere il ritmo”, spiega Imprescia.
Nel 2024 la crescita economica dell’Italia meridionale è stata più sostenuta rispetto a quella del resto del paese. Succede per il terzo anno consecutivo e deriva anche da un aumento delle opere di edilizia legate al Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), approvato dopo la pandemia, come parte del Fondo europeo per la ripresa. Oggi questa porzione d’Italia, considerata a lungo “arretrata” dagli abitanti del nord, sta finalmente mostrando segni di rinascita.
Secondo i dati dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), il pil del sud è cresciuto dell’8,6 per cento tra il 2022 e il 2024, superando nettamente il 5,6 per cento registrato nel nord e nel centro del paese. “Una tendenza così costante non si registrava da decenni”, sottolinea il direttore della Svimez, Luca Bianchi. I fondi assegnati all’Italia all’interno del Pnrr ammontano a 194 miliardi di euro tra il 2021 e la fine del programma, prevista per il 2026.
Secondo l’Istat il 40 per cento della cifra complessiva è destinato al sud, dove vive circa un terzo della popolazione italiana (che in totale è composta da 59 milioni di persone), ma dove si produce appena il 22 per cento della ricchezza nazionale. Nelle regioni meridionali l’occupazione è aumentata del 2,2 per cento nel 2024, una percentuale nettamente superiore alla media nazionale dell’1,6 per cento. I posti di lavoro nel settore dell’edilizia sono cresciuti del 6,9 per cento.
Secondo la Svimez, nel 2023 il numero di meridionali che lavoravano nelle regioni del centro e del nord si è ridotto del 2,3 per cento, evidenziando un cambiamento delle tendenze migratorie.
Le cifre disponibili suggeriscono che questa tendenza sia stata confermata nel 2024, anche se fermare l’emigrazione dal sud resta un’impresa molto difficile. Sempre secondo l’Istat, nel periodo 2023-2024 sono stati 241mila gli italiani che dal sud si sono trasferiti al centro o al nord, quasi il doppio rispetto a quelli che hanno seguito il percorso inverso.
Bianchi sottolinea che i fondi europei hanno rafforzato la disponibilità di posti di lavoro al sud, ma è convinto che una ripresa a lungo termine richieda investimenti in quella che chiama “infrastruttura sociale”, cioè scuole, sanità e assistenza all’infanzia: “L’emigrazione è innescata non solo dagli elementi economici, ma anche da come le persone percepiscono il proprio futuro”.
Andrea Falzone, 61 anni, architetto, ha lasciato Bologna nel 2023 per tornare in Sicilia, dove oggi lavora a progetti legati ai trasporti: “Parliamo di decine di miliardi di euro di investimenti nel prossimo decennio. Con una disponibilità economica di questo tipo le cose devono necessariamente cambiare”. Al momento l’architetto sta lavorando a un progetto per migliorare la linea ferroviaria tra Palermo e Catania. Webuild, un’azienda edile, sta portando avanti 19 progetti infrastrutturali in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, con 8.700 persone impiegate direttamente o indirettamente. Tra i progetti ci sono la linea ad alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria e 500 chilometri di autostrade lungo la costa ionica tra Puglia e Calabria.
Il progetto di gran lunga più ambizioso è la costruzione del ponte a campata unica più lungo del mondo, che dovrebbe collegare la Sicilia alla terraferma e avrebbe un costo di 13,5 miliardi di euro. Webuild guida un consorzio di aziende interessate al progetto, di cui fa parte anche la spagnola Sacyr.
I sostenitori del ponte sullo Stretto di Messina ritengono che l’opera potrebbe generare fino a centomila posti di lavoro nel corso dei sette anni previsti per la costruzione. Invece chi è contrario alla sua costruzione contesta queste stime e sottolinea i pericoli per l’ambiente. In molti inoltre ritengono che il denaro andrebbe speso meglio, possibilmente per migliorare i servizi pubblici della Sicilia.
Affitto raddoppiato
Raffaele Girlando, 24 anni, di Ragusa, studia ingegneria edile al politecnico di Milano e vorrebbe usare le sue competenze per lavorare al ponte: “Per me il ponte sullo stretto è un sogno, fin da quando ero bambino. Dal punto di vista ingegneristico è una sfida di portata mondiale, e come siciliano mi renderebbe orgoglioso. Di sicuro rinnoverebbe l’interesse per la nostra regione”.
Con l’aumento dei posti di lavoro al sud, molti emigrati possono permettersi di riconsiderare gli altri vantaggi del Mezzogiorno, come il clima e un minore costo della vita.
Falzone è tornato a Caltanissetta dopo che il suo padrone di casa ha raddoppiato l’affitto del bilocale dove abitava a Bologna, portandolo a mille euro al mese: “È diventato impossibile far quadrare i conti, così ho chiesto un trasferimento in Sicilia, dove posso vivere nella mia casa e con la mia famiglia”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1636 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati