Il 28 settembre in Moldova si terranno le elezioni legislative. Anche se nel panorama politico europeo potrebbe sembrare un evento secondario, le implicazioni del voto per la sicurezza e la stabilità del continente sono significative. La Moldova ha un ruolo di primo piano nel sostegno internazionale all’Ucraina. Pur essendo uno dei paesi più poveri d’Europa, subito dopo l’aggressione russa del 2022 ha accolto un milione e mezzo di profughi ucraini . Oggi ne ospita ancora più di centomila.

Inoltre, attraverso i suoi porti sul Danubio rende possibili le esportazioni del grano ucraino, offrendo a Kiev un percorso commerciale alternativo alle rotte del mar Nero, spesso rese impraticabili dai blocchi imposti da Mosca.

Se Chișinău dovesse cambiare radicalmente posizione nei confronti della Russia, il suo impegno a fianco degli ucraini verrebbe meno. E questo comprometterebbe anche la sicurezza del fianco orientale dell’Unione europea, alimentando il rischio di attacchi militari lungo i confini dell’Europa. In questo momento la Romania sembra particolarmente esposta alle minacce russe, ma non si possono escludere attacchi anche alla Polonia e agli stati baltici.

Gli europei sono perfettamente consapevoli della posta in gioco. Alla fine di agosto il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il primo ministro polacco Donald Tusk sono stati a Chișinău per ribadire il loro sostegno alla democrazia moldava.

Nel frattempo il presidente russo Vladimir Putin lasciava intendere che Mosca potrebbe puntare all’occupazione dell’intera Ucraina, portando il suo esercito a ridosso dei confini dell’Unione. Alcuni filmati pubblicati dal ministero della difesa russo lo scorso 30 agosto alludono a un piano per conquistare gli oblast ucraini di Odessa e Mykolaiv, lungo la costa del mar Nero. Un governo moldavo filorusso potrebbe fornire al Cremlino una base da cui lanciare altri attacchi, magari permettendogli di aprire un nuovo fronte militare. In quest’ottica bisogna tenere in conto anche il fatto che la Russia ha già circa 1.500 soldati di stanza in Transnistria, una regione secessionista della Moldova al confine con l’Ucraina, non riconosciuta dalla comunità internazionale ma strettamente legata a Mosca.

Questo scenario rappresenta un serio motivo di preoccupazione per i paesi vicini, che in molti casi fanno parte della Nato. Gli stati dell’alleanza atlantica sono vincolati dall’impegno alla difesa reciproca sancito dall’articolo 5 del trattato, e sarebbero quindi obbligati a intervenire in difesa di un alleato in caso di aggressione militare.

Un percorso accidentato

In parlamento il Partito di azione e solidarietà (Pas), che sostiene la presidente europeista Maia Sandu, ha una maggioranza di 63 deputati su 101. Da quando Sandu è arrivata al potere, nel 2021, la Moldova ha intrapreso un deciso percorso di avvicinamento all’Unione europea, formalizzando la richiesta di adesione dopo l’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022 e ottenendo lo status ufficiale di paese candidato a giugno del 2022.

Nel giugno 2024 è stato avviato formalmente il negoziato, mentre nel luglio 2025 è stato organizzato il primo vertice Moldova-Unione europea. La popolazione è largamente favorevole all’adesione ma secondo i sondaggi, anche rimanendo il partito più votato, il Pas dovrebbe perdere consensi rispetto alle ultime elezioni. Nel 2021 aveva raggiunto il 52,8 per cento, ma oggi rischia di fermarsi al 26 per cento, a causa di un diffuso malcontento e delle promesse del programma non ancora realizzate: prima delle scorse elezioni il partito si era impegnato a combattere la corruzione e a rendere più efficiente il settore pubblico, ma i passi avanti non sono stati significativi.

Il Pas ha presentato i progressi verso l’adesione all’Unione europea come un trionfo politico, ma la popolazione non ha visto benefici concreti e non si sente coinvolta nel processo. D’altronde, per buona parte del mandato il governo si è dovuto occupare delle continue crisi create ad arte dalla Russia, tra cui un’emergenza energetica che ha causato prima l’aumento esponenziale dei prezzi del gas e successivamente l’interruzione delle forniture. Un forte calo delle esportazioni verso la Russia e l’Ucraina ha contribuito invece allo stallo dell’economia.

Con ogni probabilità, dopo il voto il Pas sarà costretto a formare un governo di coalizione con almeno uno dei partiti filorussi oggi all’opposizione, che chiedono tutti l’allontanamento dall’Europa. D’altra parte va detto che se il Pas finora aveva dominato lo spazio politico filoeuropeo, di recente è emersa un’altra formazione europeista, Alternativa, che potrebbe superare lo sbarramento del 5 per cento ed entrare in parlamento.

Il partito di Maia Sandu è ancora in testa ai sondaggi, ma il Blocco elettorale patriottico, un raggruppamento filorusso guidato dall’ex presidente Igor Dodon, dovrebbe comunque conquistare il secondo posto. Dell’alleanza filorussa fanno parte diverse formazioni politiche, tra cui il Partito dei socialisti, il Partito dei comunisti, Cuore della Moldova e Futuro della Moldova. Dodon è attualmente sotto processo per corruzione, appropriazione indebita e finanziamento illecito ai partiti. Secondo gli Stati Uniti ha fatto parte di un sistema di corruzione favorito dalla Russia. L’ex presidente si dichiara innocente e ha presentato un ricorso alla Corte europea per i diritti umani, sostenendo di essere vittima di una persecuzione politica.

In tutto questo, la Moldova è diventata anche uno dei principali bersagli dei cyber­attacchi e delle campagne di disinformazione orchestrate dal Cremlino.

Che il paese fosse nel mirino delle ingerenze politiche russe era apparso evidente già in occasione delle elezioni presidenziali e del referendum dell’ottobre 2024 sull’inserimento nella costituzione dell’obiettivo di entrare nell’Unione europea. In quel caso le interferenze esterne e i tentativi di manipolare l’elettorato sono stati ben documentati.

Oggi il governo moldavo e Bruxelles si aspettano pressioni simili, se non maggiori. Il voto, insomma, arriva in un momento decisivo, non solo per il futuro della Moldova, ma anche dell’Europa. Per questo bisogna monitorare attentamente quello che succede a Chișinău e vigilare su ogni interferenza nel processo democratico. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1633 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati