Tutto è cominciato il 20 gennaio, a Washington. Un momento storico, la fine del mandato di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e l’inizio di quello di Joe Biden. Sul palco davanti alla statua di Lincoln sfilano gli artisti invitati dal presidente eletto: Bruce Springsteen, Lady Gaga, Jennifer Lopez, ma anche una ragazza di 22 anni vestita di giallo e che si rivelerà a tutto il mondo in questa occasione, la poeta afroamericana Amanda Gorman, venuta per declamare con fervore la sua poesia The hill we climb (La collina che scaliamo). Immediatamente molte case editrici, in particolare in Europa, s’interessano ai suoi testi. Dappertutto vengono firmati contratti e scelti dei traduttori.
Ma alla fine di febbraio le cose si complicano. Nei Paesi Bassi la scelta di affidare la traduzione del testo alla scrittrice e traduttrice Marieke Lucas Rijneveld, la più giovane autrice ad aver vinto il celebre Man Booker international prize (con Il disagio della sera, Nutrimenti 2019), è contestata da una giornalista e attivista olandese nera, Janice Deul: “Un’occasione sprecata. Perché non scegliere una ragazza giovane e orgogliosa di essere nera come Amanda Gorman?”. Sui social network la polemica imperversa, e nonostante il sostegno del suo editore, Marieke Lucas Rijneveld finisce per ritirarsi dal progetto. Tre settimane dopo la polemica scoppia in Spagna. “Ho subìto un vero e proprio processo dell’inquisizione!”, afferma indignato su Twitter il traduttore e poeta catalano Victor Obiols. Presidente di un festival di poesia, considerato uno dei migliori traduttori di Oscar Wilde e di Shake-speare, era stato incaricato di tradurre gli scritti di Amanda Gorman in catalano. Ma una volta finito il suo lavoro, è stato ripudiato dal suo stesso editore. “Mi hanno detto che non andavo bene”, racconta Obiols all’agenzia France Presse. “Non hanno messo in dubbio le mie capacità, ma cercavano un profilo diverso, quello di una donna giovane, militante e possibilmente nera”.
Giocare d’anticipo
Ovunque le critiche sono state numerose. Su Le Monde dell’11 marzo il traduttore e critico André Markowicz ha esclamato sdegnato: “Nessuno ha il diritto di dirmi quello che ho il diritto di tradurre o meno!”. Alla casa editrice Actes Sud la presidente del comitato direttivo ed ex ministra della cultura Françoise Nyssen, si è detta “costernata, esterrefatta” e ha chiesto: “Come si può arrivare a questo punto? L’unica cosa che conta è: questa persona, chiunque essa sia e indipendentemente dalle sue origini, è la più adatta a rendere possibile il miracolo della traduzione?”.
In Francia l’editore Fayard ha deciso di pubblicare la versione francese dei testi di Amanda Gorman in due tempi: il 19 maggio solo il poema La colline que nous gravissons, mentre dopo l’estate uscirà una raccolta di poesie. Sono state interpellate molte case editrici, ma alcune non si sono mostrate interessate a un testo che il direttore editoriale di Actes Sud, Bertrand Py, ha definito “discreto”. Altri editori hanno rinunciato di fronte al costo dei diritti: più di centomila euro secondo la concorrenza, anche se Fayard parla di una somma a cinque cifre.
Finora l’unica certezza è che la traduzione francese è stata affidata all’artista belga-congolese Marie-Pierre Kakoma, alias Lous and the Yakuza. Questa ragazza di 24 anni è autrice, compositrice e interprete, musicista rap e indossatrice, ma non ha mai tradotto testi di altri autori.
Una decisione soprattutto politica, destinata a evitare le polemiche? Niente affatto, afferma Sophie de Closets, direttrice di Fayard: la scelta, assicura, è stata fatta prima delle polemiche nei Paesi Bassi e in Catalogna. “Non mi sono mai detta: ‘Ci vuole una ragazza nera per tradurre una ragazza nera’”, precisa la responsabile della casa editrice.
Per lei il punto non era affidare un testo a una determinata persona in funzione del colore della sua pelle o dell’età, ma piuttosto essere certi che la persona in questione avrebbe avuto i riferimenti culturali e la sensibilità necessarie per porsi le domande giuste. “Seguo il percorso professionale di Lous da anni”, continua Sophie de Closets. “Quando si è concretizzato il progetto di pubblicare i testi di Amanda Gorman, ho subito pensato a lei per la traduzione. Sono convinta che sarà in grado di calarsi nella musicalità, nell’oralità e nei sentimenti espressi dal testo originale”.
Mossa intelligente, hanno riconosciuto le altre case editrici, che hanno elogiato la capacità di Fayard di evitare le polemiche e al tempo stesso la scelta di una traduttrice capace di assicurare la promozione del testo nel caso in cui l’autrice non dovesse venire in Francia.
Il fatto che Lous sia una debuttante non è un problema, dice Valérie Zenatti, scrittrice e traduttrice (per le Éditions de l’Olivier). “Un giorno la debuttante di 32 anni che ero si è detta: ‘Voglio tradurre Aharon Appelfeld’. L’editore Olivier Cohen mi ha risposto: ‘Facciamo una prova’”. E così è cominciata una storia di “amicizia letteraria” tra il celebre autore israeliano che non parla francese e la sua traduttrice.
Identikit professionale
Valérie Zenatti potrebbe parlare per ore di traduzione, riflettere sulla “necessità di lasciare la voce dell’autore” ed evocare l’invisibilità della traduzione, “ luogo innanzitutto di alterità”.
E in effetti i traduttori sono spesso invisibili, anche se il loro nome appare sempre più spesso in prima pagina o sulla quarta di copertina. Ma chi sono in realtà? L’Associazione dei traduttori letterari francesi (Atlf), che ha più di mille iscritti, ne traccia un profilo: l’età media è di 53 anni, il 79,5 per cento è rappresentato da donne e per vivere il 64 per cento esercita un’altra attività (un terzo insegna). In Francia sono pagati in media 21,2 euro a cartella di 1.500 caratteri, quasi nessuno riesce a vivere solo di questo; e quasi la metà guadagna meno (o molto meno) del salario minimo. Per quanto riguarda i diritti d’autore sulle vendite, il più delle volte non superano l’1 per cento, mentre alcuni autori arrivano a guadagnare milioni di euro.
L’Atlf parla anche di un ambiente molto colpito dalla crisi sanitaria e da una tendenza che vede calare le acquisizioni già da tempo. Secondo la rivista Livres Hebdo, nel 2020 in Francia le pubblicazioni di libri tradotti sono diminuite per il terzo anno consecutivo. Con 10.643 titoli tradotti nel 2020, i libri adattati da una lingua straniera erano solo il 17,6 per cento della produzione totale. L’inglese rimane di gran lunga la prima lingua tradotta, davanti al giapponese (grazie ai manga) e all’italiano. “Sono una traduttrice riconosciuta e la mia situazione è emblematica della nostra condizione”, afferma Rosie Pinhas-Delpuech, direttrice della collana Lettres hébraïques (lettere ebraiche) presso la casa editrice Actes Sud. “Senza un soldo di pensione, lavoro a tempo pieno come scrittrice e traduttrice e lo farò finché ci riuscirò”.
Questi scrittori nell’ombra finiscono spesso per diventare autori loro stessi. O diventano la traduttrice o il traduttore di uno scrittore famoso in tutto il mondo, possibilmente prolifico, com’è successo a Valérie Zenatti con Aharon Appelfeld. Nata a Nizza ma trapiantata a Parigi, questa professionista della scrittura paragona l’esperienza di tradurre dall’ebraico al francese a quella di vivere contemporaneamente in due paesi. Ogni traduttore deve trovare un equilibrio fra due lingue, dice, come se si trattasse di costruire un ponte per collegare le due sponde di un fiume.
Anche lo scrittore Pierre Furlan ha il suo autore ufficiale, la star statunitense Russell Banks: “Nel tempo Russell Banks, che traduco da trent’anni, insieme a una trentina di altri autori, è diventato un amico. Tradurre non è sempre piacevole, ma spesso è appassionante, e assorbe molto del mio tempo”.
L’autore di Tormenta e delDolce domani, i cui libri sono tradotti in una ventina di lingue, elogia “l’estrema precisione” nella scelta delle parole di Pierre Furlan. E definisce “ideale” la loro relazione, precisando che non entrano mai “in competizione sul piano linguistico”. Ma cos’è per lui una buona traduzione? “Una riappropriazione del testo, un adattamento, ma non come farebbe un regista. Il traduttore è più di un lettore del testo, quasi un coautore”.
Ma non tutti gli autori dimostrano la stessa disponibilità. Leggendo la versione francese di uno dei suoi libri, la scrittrice russa Nina Berberova, autrice dell’Accompagnatrice, sospirava: “Trovo che la fotografia sia ancora piuttosto sfocata”.Lo scrittore statunitense Paul Auster invece conosce il francese e può bombardare il suo traduttore di domande e di osservazioni via fax. Un traduttore che peraltro Auster ha fortemente suggerito, anche se non lo ha imposto. I più difficili con cui avere a che fare sono gli autori che fanno rileggere il testo tradotto da un loro collaboratore o amico che parla la lingua ed è estraneo alla casa editrice. O quelli convinti di conoscere bene la lingua della traduzione anche se non la padroneggiano.
Alla fine la cosa migliore è quando sono gli editori a scegliere i traduttori. Alle Éditions de l’Olivier questo ruolo spetta a Nathalie Zberro, vicedirettrice generale ed ex responsabile dei traduttori (è stata lei a rivedere i testi dello scrittore statunitense Raymond Carver). Il nome s’impone, dice Zberro, già quando compra i diritti di un manoscritto straniero. “L’idea è soprattutto quella di rendere la voce dell’autore nel modo più esatto possibile. Quando Valérie traduce, mi dico che non è Valérie Zenatti che scrive”.
La cottura del cappone
Per definire la relazione tra autori e traduttori, Nathalie Zberro parla di “coppie”, di “ventriloqui”, di “intuizioni”. “Tradurre è una grande responsabilità”, dice. “Talvolta per le esigenze del testo un traduttore può diventare uno specialista della cottura del cappone o delle armi da fuoco. I traduttori sono persone folli ma sono i folli che preferisco, li adoro!”. Capita anche che i traduttori stessi suggeriscano dei libri di cui acquistare i diritti per pubblicarli in francese. Ad Arles, dove Hubert Nyssen, fondatore di Actes Sud, ha avuto l’idea di organizzare ogni anno le Assises de la traduction littéraire, una sorta di fiera campionaria della traduzione, il direttore letterario Bertrand Py e il vicedirettore editoriale Manuel Tricoteaux ricevono spesso delle proposte direttamente dai traduttori.
Py dice di capire quella che chiama la “malinconia” dei traduttori, condannati a rimanere nell’ombra anche quando la traduzione da un punto di vista letterario è paragonabile al testo originale. Nel 2010, alla morte della sua traduttrice ufficiale Jeannine Perrier (detta Mimi), lo scrittore britannico John le Carré si è reso conto di averla vista solo due volte in 21 anni di collaborazione.
Inoltre in quell’occasione ha saputo che Mimi Perrier aveva avuto, proprio come lui, una doppia vita: traduttrice ma anche pianista jazz e cantante, capace di accompagnare grandi musicisti come Dizzy Gillespie, Chet Baker, Charlie Parker e Quincy Jones. In quell’occasione Le Carré ha scritto una lettera di omaggio affermando di provare “al tempo stesso piacere e imbarazzo quando si scoprono troppo tardi i talenti nascosti di una persona che si è sempre rispettato ma senza mai conoscerla veramente”. Alla fine della sua vita Mimi si faceva aiutare dalla figlia Isabelle, che poi ha preso il suo posto come traduttrice dei romanzi di spionaggio del maestro del genere.
Rimane il problema di capire che cos’è una traduzione veramente riuscita. “Quella capace di rendere nella tua lingua l’emozione che si prova leggendo il testo originale”, risponde Pierre Furlan. “Si traduce solo quello che si è sentito veramente e si è capito. E non sempre è esattamente quello che l’autore pensava di trasmettere”.
Una volta Aharon Appelfeld, che era andato in Francia per assistere alla lettura dei suoi testi da parte di Daniel Mesguich e Michael Lonsdale, si appoggiò sulla spalla di Valérie Zenatti e le mormorò in ebraico (non parlava una parola di francese ma conosceva bene la musicalità delle lingue): “Hai fatto un buon lavoro”. Quando Valérie Zenatti traduce in francese queste cinque parole, la sua voce trema ancora per l’emozione. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati