Dracula è un personaggio che il cinema ha costantemente rivisitato e reinterpretato seguendo i progressi tecnici e le ossessioni del tempo. Ora tocca a Luc Besson cimentarsi con il famoso vampiro nel film che, per sua ammissione, segna una “rinascita artistica” dopo una serie di battute d’arresto. Già Dogman (2023) doveva essere il film del “dopo”, ma è stato un fallimento. Si arriva così a Dracula su cui si allungano le ombre dell’autoritratto. E in effetti già il budget del film (con 45 milioni di euro è il film francese più costoso del 2025) ci parla di un regista capace di rinascere più e più volte. Il film segue abbastanza fedelmente la trama del celebre romanzo di Bram Stoker trasformandolo in un blockbuster romantico, una specie di La donna che visse due volte (un uomo in lutto è ossessionato dall’immagine di una donna morta), in cui Besson fatica a bilanciare le sue intenzioni con una profondità narrativa o formale. Quale ossessione lo anima? La risposta emerge dal trattamento dei personaggi femminili, tutti costretti in un registro mostruoso. La cosa potrebbe risolversi in un gioioso carnevale se non ci si leggesse una costante del cinema di Besson: la paura sadica del femminile, non appena osa allontanarsi dal romanticismo a buon mercato.
Murielle Joudet, Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1638 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati