◆ La concentrazione di idrogeno nell’atmosfera è aumentata del 60 per cento rispetto al periodo preindustriale, ha rilevato uno studio basato sull’analisi dei campioni di ghiaccio. Le molecole di idrogeno sono molto piccole e tendono a sfuggire dai campioni prima che possano essere studiati in laboratorio, spiega New Scientist. Per risolvere il problema, un gruppo di ricercatori ha portato gli strumenti sulla calotta glaciale della Groenlandia per esaminare le carote di ghiaccio appena estratte. Sono così riusciti a risalire fino a 1.100 anni fa, scoprendo che in questo periodo i livelli di idrogeno hanno fluttuato molto più di quanto si pensasse, suggerendo che siano più sensibili ai cambiamenti climatici del previsto. Dall’inizio dell’ottocento la concentrazione è passata da 280 a 530 parti per miliardo, soprattutto a causa dell’uso dei combustibili fossili, di cui l’idrogeno è un sottoprodotto. Questo potrebbe essere un problema per il clima: l’idrogeno non è un gas serra di per sé, ma reagisce con i radicali ossidrili, molecole responsabili della degradazione del metano. Riducendo la presenza di ossidrili nell’atmosfera, l’idrogeno contribuisce quindi ad aumentare quella del metano, che invece è un potente gas serra. I ricercatori stimano che questo effetto sia responsabile del 2 per cento dell’aumento delle temperature globali. La scoperta potrebbe portare a riconsiderare l’opportunità di usare l’idrogeno per sostituire i combustibili fossili in alcuni settori.

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Questo articolo è uscito sul numero 1634 di Internazionale, a pagina 110. Compra questo numero | Abbonati