Una flotta di 37 piccole imbarcazioni è salpata il 2 settembre da Barcellona, in Spagna, con a bordo circa quattrocento persone provenienti da 44 paesi. La missione è ambiziosa: portare agli abitanti di Gaza un messaggio di solidarietà e rompere il blocco criminale imposto da Israele, che sta affamando a morte gli abitanti della Striscia sopravvissuti a quasi due anni di aggressioni militari.

L’impresa umanitaria e pacifica, chiamata Global sumud flotilla, è il gesto di umanità più grande fatto finora per esprimere solidarietà alla popolazione di Gaza e ripudiare il genocidio del governo israeliano messo in atto con il pretesto della sicurezza internazionale.

A distinguere l’iniziativa attuale dalle precedenti è il gran numero di imbarcazioni e di persone coinvolte, oltre alle numerose attestazioni di solidarietà che hanno ricevuto in vari porti del Mediterraneo. La missione rischiosa e nobile della Global sumud flotilla merita il riconoscimento, la gratitudine e l’appoggio di tutte le persone di buona volontà del mondo.

Al tempo stesso è vergognoso che l’operazione sia dipesa solo dalla società civile, senza che nessuno dei governi capaci di avere un impatto – Stati Uniti, Regno Unito e Unione europea – abbia mosso un dito per costringere Tel Aviv a interrompere l’escalation criminale o a permettere che la popolazione assediata di Gaza riceva viveri e medicinali. Due milioni di esseri umani inermi, massacrati o condannati a morire di fame sono uno sfregio ai più elementari princìpi di civiltà, indipendentemente dalle ideologie, dalle religioni e dalle posizioni politiche.

Bisogna esigere che gli aggressori mettano fine all’invasione genocida di Gaza, smettano di calpestare il diritto internazionale e consentano la nascita di uno stato palestinese sovrano accanto a Israele, rispettando le risoluzioni 242 e 338 delle Nazioni Unite.

Lo stato ebraico deve rispettare l’integrità di chi ha intrapreso questa traversata nel nome dell’umanità e permettergli di arrivare indenne a destinazione. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1630 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati