Per sedici anni i Clipse si sono autoesiliati. Dopo Til the casket drops del 2009, il rapper No Malice ha lasciato il duo, messo in difficoltà da un’indagine che ha portato il loro ex manager a 32 anni di carcere per traffico di droga. La reunion con Pusha T è avvenuta solo nel 2019, prima con Jesus is king di Kanye West, poi qualche brano sparso. Ora arriva l’album Let God sort em out: doveva essere una consacrazione, un ritorno ai racconti di strada trasformati in manifesti culturali. Ma tra lutto, mito personale e riflessioni spirituali, l’album scivola via più che colpire a segno. Con loro torna Pharrell: cori solenni e organi celestiali dominano la produzione, ma manca grinta. Ace trumpets sembra sempre sul punto di esplodere, ma non lo fa mai. Pusha T ostenta il solito carisma, Malice risponde a tono. Ma i momenti incisivi evaporano presto. Tra gli ospiti brillano Tyler, the Creator, Nas e Kendrick Lamar, che in ruba la scena: “L’hip-hop è morto di nuovo”, denuncia. Non mancano sprazzi di magia: il ritornello di P.O.V., il pop-rap grandioso di M.T.B.T.T.F., il groove di E.B.I.T.D.A. riflettono su droga e lutti familiari, ma tutto resta troppo sterile. La frase “This is culturally inappropriate” torna spesso, ma il disco è tutt’altro che scioccante. È rap adulto, sincero, con le cicatrici degli anni vissuti. Un ritorno misurato: i Clipse ci sono ancora, sopravvissuti e più riflessivi.
Kyann-Sian Williams, Nme

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Questo articolo è uscito sul numero 1623 di Internazionale, a pagina 116. Compra questo numero | Abbonati