Il narratore di Beep è una scimmia scoiattolo che parla in uno strano inglese pidgin e comunica telepaticamente con altri animali e perfino con le piante. Leggere questa storia picaresca e d’avventura è un’esperienza quasi psichedelica, pensata per chi ama leggere fuori degli schemi. Bill Roorbach è una figura di culto. Non è un nome noto al grande pubblico, ma chi conosce la sua opera lo venera spesso come uno dei gioielli del panorama letterario del Maine. In Beep, che pur rappresenta una svolta radicale rispetto alla sua narrativa precedente, l’immaginazione audace, l’umorismo pungente e il senso di connessione con l’ambiente sono quelli di sempre messi al servizio di un forte messaggio sul cambiamento climatico. Quello che per alcuni lettori sarà un gran divertimento, probabilmente ne farà scappare altri a gambe levate: perché gli animali che popolano questo romanzo suonano a tratti come filosofi, e come analfabeti in altri momenti? Inoltre, sono molti gli elementi di trama che sfiorano il grottesco, e il finale è sorprendentemente cupo. Bill Roorbach ha dichiarato di aver voluto scrivere “qualcosa di divertente e stimolante che trasportasse il suo messaggio urgente in silenzio, solo per colpire i lettori alla fine, come un monaco buddista con il suo bastone”. E ci riesce benissimo, facendosi aiutare da veri monaci buddisti. Beep non potrebbe essere un libro di culto se fosse per tutti e voi che state leggendo avrete già capito se è il vostro caso.
Marion Winik, The Washington Post

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Questo articolo è uscito sul numero 1622 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati