Oleg rivela una insolita storia di moderna schiavitù e un grande attore, Novopolskij, nel ruolo di un giovane macellaio lettone che arriva a Bruxelles per lavorare in uno stabilimento dove si processa la carne. Ha dei debiti e quando è licenziato ingiustamente finisce nel mirino di Andrzej, apparentemente un tipo un po’ losco ma amichevole, che si rivela invece tirannico e squilibrato. Più che di violenza fisica si parla del controllo esercitato attraverso la minaccia. Il tandem psicologico formato da Oleg e Andrzej è il motore del film che tuttavia perde un po’ di sottigliezza quando cerca di sottolineare, in modo un po’ goffo, la codardia diffusa in una società che si vorrebbe libera. Clarisse Fabre, Le Monde

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Questo articolo è uscito sul numero 1619 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati