Nel 2015 per la sua integrale di Ravel Bertrand Chamayou aveva scartato i pezzi giovanili del compositore e le sue trascrizioni di La valse e Daphnis et Chloé. Qui il pianista fa scivolare tutto in un caleidoscopio allestito per l’occasione: i tre arrangiamenti realizzati da Ravel si mescolano a omaggi che gli furono dedicati dai suoi amici e a musiche che ha ispirato ad artisti più vicini a noi. Di Trois beaux oiseaux du paradis si ammira il colore, la Danse légère et gracieuse de Daphnis s’illumina di tinte pastello e La valse volteggia con ebbrezza straordinariamente graduata, con bassi di una profondità che suggerisce la voluttà come l’angoscia. Colpisce anche la cura nella sequenza dei pezzi: La Chanson de la mariée è come portata dalle vibrazioni del vento verso De la nuit (1971) di Sciarrino, che s’intreccia con i ricordi di Ondine e Scarbo, e a queste ombre rispondono quelle del Nocturne di Daphnis. Il Menuet spectral (1938) di Ricardo Viñes è un saluto malinconico all’amico d’infanzia. Poi i teneri misteri di Elegia (1945) di Xavier Montsalvatge ci portano con dolcezza a Signets (1987) di Betsy Jolas, come la risonanza di vetro di Pour tous ceux qui tombent (1997) di Frédéric Durieux e le citazioni evanescenti di Prélude n. 5 di Tansman (1921), Hommage di Honegger (1920) e Mensaje (1929) di Joaquín Nin.
François Laurent, Diapason
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1615 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati