Le platee del novecento erano spesso divise in clan e fazioni basati sui generi. Ma nella sua grande varietà musicale, il ventunesimo secolo sembra aver abbandonato tutto questo più rapidamente di un dazio di Trump. Pochi artisti incarnano l’ampiezza totale della musica senza generi come Moor Mother. I suoi album da solista sono ricchi e inventivi, ma sono le sue collaborazioni eclettiche a svelare davvero le sue intenzioni. Ha inciso dischi con il rapper indipendente billy woods e si è immersa nel dub industriale con The Bug e Justin Broadrick come Zonal. Ha realizzato alcuni dei migliori lavori di free jazz con gli Irreversible Entangle­ments, mentre il progetto 700 Bliss con DJ Haram fonde elementi hyperpop ed elettronica sfuggente. Era naturale che il suo nuovo sodalizio fosse con il collettivo post-metal Sumac. In The film ci sono momenti incisivi. Le chitarre suonano come allarmi antincendio in Scene 2: the run, che poi vira sullo slud­ge metal, mentre Camera esplode tra batteria sfrenata e amplificatori alla Sunn O))). Non si tratta di sonorizzare un film immaginario: la realtà stessa sembra essere il soggetto. Come la fantascienza parla sempre del presente, anche questa colonna sonora riflette il nostro mondo più di una storia inventata. E cosa meglio rappresenta il 2025 se non la maestosa e disperata traccia finale di The film? Moor Mother prega che le maree si ritirino mentre la band scava nel cuore del pianeta in una corsa contro il tempo. La visione finale è quella di un’umanità che osserva la Terra da lontano, sognando una rinascita.
J. Buckland, The Quietus

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Questo articolo è uscito sul numero 1612 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati