William Boyd (Suki Dhanda, Guardian/eyevine/Contrasto)

La questione del coinvolgimento di forze occidentali nell’omicidio di Patrice Lumumba, il primo capo di stato della Repubblica Democratica del Congo, fa da sfondo al nuovo romanzo di William Boyd. Il libro è incentrato su un giovane giornalista britannico di nome Gabriel Dax in missione in Africa all’inizio degli anni sessanta. Gabriel, rimasto orfano in strane circostanze, è un affermato scrittore di viaggi. Il romanzo prende in giro il suo egocentrismo e la prosa un po’ sdolcinata delle sue opere, che sono elencate in una bibliografia alla fine del libro. Tornato a Londra, scopre che le registrazioni da lui realizzate durante un’intervista a Lumumba sono una testimonianza accidentale della cospirazione che ha portato alla sua destituzione. Corteggiato da loschi ufficiali dei servizi segreti, Gabriel è trascinato nel mondo dello spionaggio durante la guerra fredda. Costretto a ricevere ulteriori incarichi, finisce in missioni dietro la cortina di ferro, tutto mentre cerca di elaborare il suo trauma infantile con un’enigmatica psicanalista, la dottoressa Katerina Haas. Il romanzo di Boyd svolge abilmente una doppia funzione: è una storia a sé stante più che soddisfacente e prepara Gabriel per ulteriori avventure. Il libro è una vivida ricostruzione dei primi anni sessanta e uno dei piaceri che offre è la sensazione di un viaggio nel tempo verso angoli affascinanti di un mondo scomparso, trasmessa con vivacità cinematografica. Sceneggiatore affermato, Boyd plasma la sua storia a partire da scene fortemente visive e coinvolgenti. L’autore nota dettagli chiave nell’abbigliamento e nell’ambiente circostante e, che ambienti l’azione nell’allora Léopoldville, in Polonia o in un pub di Chelsea, riesce a creare quella misteriosa e mai abbastanza elogiata illusione romanzesca per cui il lettore chiude il libro con la strana sensazione di aver assistito a ciò che ha letto. Ho particolarmente apprezzato le visite di Gabriel nella Spagna franchista, un luogo dal fascino polveroso e opprimente, dove mangia bene, frequenta gente ambigua e non è mai del tutto sicuro: è un agente o un capro espiatorio? Anche se è un romanzo riflessivo più che un thriller vero e proprio, ho letto questo libro con immenso piacere. Marcel Theroux, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1611 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati