Hanoi, Vietnam, 15 aprile 2025 (Kyodo News/Getty)

Il presidente cinese Xi Jinping (nella foto, a sinistra con presidente vietnamita Luong Cuong) ha concluso il 17 aprile un tour nel sudest asiatico all’insegna di una controffensiva diplomatica nella guerra dei dazi avviata da Donald Trump. Tre le tappe del viaggio – Vietnam, Malaysia e Cambogia –, tra i paesi colpiti dai dazi reciproci più alti annunciati da Trump il 2 aprile e poi sospesi per novanta giorni. In un intervento pubblicato da un quotidiano vietnamita il giorno del suo arrivo a Hanoi, Xi ha scritto che “non ci sono vincitori nelle guerre commerciali” e che “il protezionismo non porta da nessuna parte”. Gli Stati Uniti hanno annunciato dazi tra il 17 e il 49 per cento a un’intera regione di economie in crescita, che rischiano di essere le vittime collaterali della guerra commerciale contro la Cina. “Washington sta sparando sulla filiera industriale di Pechino, ma sono i paesi asiatici più poveri che ci rimettono”, scrive Asia Times. Pechino ha l’occasione di presentarsi invece come una potenza responsabile e affidabile per la regione. Il Vietnam è finito nel mirino di Trump anche perché è soprattutto lì che molte aziende hanno delocalizzato negli ultimi dieci anni, via via che la manodopera in Cina diventava più cara. Inoltre, la prima volta che il presidente degli Stati Uniti ha provato a usare i dazi per riportare in America l’industria manifatturiera e i posti di lavoro è stato invece verso il Vietnam che ha spinto le aziende statunitensi. Per questo il volume delle esportazioni dal paese asiatico negli Stati Uniti è lievitato fino a raggiungere il 30 per cento del pil nel 2024, e oggi il Vietnam rischia di essere uno dei più colpiti dai dazi statunitensi. I paesi del sudest asiatico, che vogliono a mantenere buoni rapporti sia con Washington sia con Pechino, sono stati i primi a chiedere alla Casa Bianca di negoziare i dazi. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1610 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati