Questa nuova raccolta di racconti di Vollmann può essere letta come un febbrile diario di viaggio contemporaneo. È un bollettino di guerra dal mondo di coloro che lo scrittore Pico Iyer ha chiamato “transit lounger”, i nuovi vagabondi senza radici che sfrecciano tra città e continenti come attraverso porte girevoli, divisi tra un estremo cosmopolitismo e la perdita di casa. Il libro si apre a San Francisco, il centro della bussola psicologica di Vollmann, con il narratore che si prepara a partire. In questo primo racconto la crescente ansia da viaggio del narratore raggiunge il culmine in un’immaginaria incursione a Las Vegas dove, dopo aver tracannato diversi margarita, vomita i corpi dei suoi amici abbandonati nella piscina di un hotel. Quando i loro volti riappaiono sulle monete che tiene in mano, cerca disperatamente di giocarle alle slot machine. Qui la fantasia inquietante ed esagerata di William T. Vollmann ha un peso emotivo, anche se troppo spesso in questa raccolta la sua voce diventa allucinatoria senza essere rivelatrice di gran che. La prosa di Vollmann risuona meglio in scene individuali, come nei brevi “epitaffi” che si alternano alle storie. Una strana nostalgia pervade questi racconti che descrivono vite mai stanziali e perennemente in movimento.
Catherine Bush, The New York Times (1993)

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Questo articolo è uscito sul numero 1603 di Internazionale, a pagina 106. Compra questo numero | Abbonati