La prova della mia innocenza (prova sia come dimostrazione sia come bozza da correggere – proof in inglese –, e innocenza sia come mancanza di colpa sia come ingenuità), è un esame più serio della forza e dei limiti della letteratura di quanto non suggerisca il mix di giallo e cronaca politica in cui il romanzo sembra avvolto. Quell’involucro esterno è di per sé divertente. La storia ruota intorno all’omicidio di un giornalista investigativo durante la TrueCon, una conferenza di destra che si tiene in una casa signorile in rovina nei primi giorni del mandato da prima ministra di Liz Truss, e cerca di raccontare come e perché le cose siano andate così a rotoli nel Regno Unito.
La vittima dell’omicidio, redattore di una rispettabile rivista di storia con un suo blog politico, era sul punto di scoprire le prove di un complotto per svendere la sanità pubblica britannica. Contro di lui si erge una schiera di eminenze grigie e demagoghi tra cui un’ancella del potere particolarmente terribile e, in modo un po’ inaspettato, un letterato specializzato nell’opera di un amatissimo romanziere morto da tempo. La narrazione prende varie forme: memoir, autofiction, resoconti personali al presente e al passato e in più, la cosa più divertente, leggiamo la prima bozza di un giallo “cosy” destinato a vendere milioni di copie nonostante le carenze della sua prosa. Delitto sul laghetto di Wetherby, questo il titolo del romanzo nel romanzo, contiene gemme come “le anatre sull’omonimo specchio d’acqua hanno preso il volo con una raffica di lamentosi quack”, ma evoca con successo un’atmosfera di coesione comunitaria e la prospettiva che i torti possano essere riparati. Come sempre lo studio di Coe sul nostro modo di vivere è sostenuto dal suo sguardo nostalgico sulla storia. Dopo il passaggio dalla responsabilità collettiva all’aspirazione individuale incoraggiata dal thatcherismo, abbiamo nostalgia di “quel breve momento del dopoguerra”, un periodo “in cui i nostri cappelli a bombetta avrebbero potuto essere stati travolti dai rulli compressori ma almeno potevamo contare l’uno sull’altro”. Coe sembra chiedersi che posto possa avere un romanzo come La prova della mia innocenza in periodi come questi. Alex Clark, The Guardian
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Questo articolo è uscito sul numero 1593 di Internazionale, a pagina 91. Compra questo numero | Abbonati