Il 6 e il 7 novembre decine di migliaia di persone hanno manifestato in varie città polacche contro il divieto quasi totale di aborto, stabilito un anno fa da una sentenza della corte costituzionale ed entrato in vigore da gennaio. Le proteste sono state indette quando è stata resa nota la vicenda di Izabela, una donna incinta di 22 settimane morta di setticemia dopo che i medici si erano rifiutati di praticarle l’interruzione di gravidanza nonostante le gravi malformazioni del feto. Secondo le organizzazioni femministe i medici temevano di incorrere nelle pene, fino a otto anni di carcere, previste dalla legge. Di fronte alle polemiche suscitate dall’episodio, il governo ha diramato delle nuove linee guida in cui si chiarisce che l’aborto è sempre consentito quando la vita della madre è a rischio. “In Irlanda è stata la rabbia suscitata dalla morte di Savita Halappanavar a spingere i cittadini a chiedere il referendum che ha sancito la legalizzazione dell’aborto”, commenta Polityka. “Se anche in Polonia partirà una mobilitazione simile, avrà il volto di Izabela”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1435 di Internazionale, a pagina 32. Compra questo numero | Abbonati