Álvaro Enrigue sovrappone fatti reali alla finzione narrativa per raccontare la storia del popolo apache che, sotto la pressione del Messico e degli Stati Uniti, fu costretto a spostarsi nelle pianure e nei canyon della Sierra Madre Occidentale finché il territorio Apache fu ridotto al Chiricahua, la catena montuosa ai confini tra Chihuahua e Sonora, che sarebbe diventata una delle loro ultime roccaforti. Il romanzo comincia negli anni venti dell’ottocento, passa attraverso la guerra degli Stati Uniti contro il Messico del 1846-1848 e la successiva cessione da parte del presidente Santa Anna di altri 77mila chilometri quadrati di territorio appartenente a Sonora. Finisce con la resa e la morte di Geronimo nel 1909 in Oklahoma. La trama principale riguarda il rapimento di Camila, una creola chihuahua di Janos che viene catturata dalla banda delle Mangas Coloradas e trasportata nel Chiricahua. Un gruppo bizzarro di reclute irregolari al comando del tenente José María Zuloaga lascia Janos con l’obiettivo di recuperarlo insieme al bestiame che hanno preso anche gli apache. Nel perseguimento di questo obiettivo entrano nel territorio dell’Apachería ribelle. In un altro filo narrativo che corre parallelo, l’autore segue la stirpe dei guerrieri apache che non si arrendono, difendendo il loro territorio e l’accesso all’acqua, la loro necessità di riprodursi in cui il rapimento gioca un ruolo importante, soprattutto di donne meticce, angloamericane e bambini. E ripercorre le tracce di Geronimo, che alla fine si arrende all’esercito degli Stati Uniti nonostante sia circondato dall’esercito messicano. Geronimo ragiona sul fatto che con i gringos ciò che resta del suo popolo avrà la possibilità di continuare a vivere, perché l’odio tra messicani e apache sembra superiore all’odio tra apache e statunitensi, anche se sono questi ultimi a coniare la frase secondo cui il miglior indio è quello morto. Nella sua capitolazione volontaria al generale George Cook, l’eloquenza di Geronimo riecheggia nei canyon e nelle valli e negli altopiani del Chiricahua: “Mi muovevo come il vento, adesso mi arrendo e questo è tutto”. Recuperando pezzi di storia dimenticati, Álvaro Enrigue mostra come il genere western abbia nascosto la verità. Leopoldo Santos Ramírez, La Jornada
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Questo articolo è uscito sul numero 1416 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati