Con meno di mezzo milione di abitanti, il Brunei ha uno dei pil pro capite più alti del mondo; il sultano ha assicurato istruzione e sanità gratis per tutti, alti sussidi per i generi alimentari e gli alloggi. La maggior parte degli abitanti della piccola monarchia del sudest asiatico lavora per il governo, con una stabilità economica garantita. Date queste premesse stupisce scoprire che le malattie mentali sono in crescita e il tasso di suicidi negli ultimi quattro anni è più che raddoppiato. Una delle cause di questo disagio, scrive The Diplomat, è la crisi economica nascosta: mantenere lo standard di vita elevato a cui sono sempre stati abituati è diventato troppo costoso per i bruneiani, che quindi vivono indebitati. Il mercato del lavoro soffre per l’eccessiva dipendenza dal settore degli idrocarburi, che ha reso stagnanti anche altri settori dell’economia. “L’economia del Brunei è come un bambino che ha imparato a volare ma non sa camminare, quindi è paralizzata. I nostri problemi da primo mondo ci stanno trascinando nel terzo”, dice un giornalista che chiede di non essere identificato. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1416 di Internazionale, a pagina 29. Compra questo numero | Abbonati