Il 1 giugno il presidente Joe Biden è andato a Tulsa, in Oklahoma, per ricordare uno degli eventi più tragici della storia degli Stati Uniti: il 31 maggio del 1921 una folla di bianchi rase al suolo il quartiere di Greenwood, uccidendo 300 afroamericani e lasciandone diecimila senza casa. Greenwood era un’eccezione nell’America segregata degli anni venti. Aveva un’economia vivace e una classe media benestante. C’erano teatri, ristoranti, alberghi, scuole, chiese e banche. Il massacro distrusse le opportunità di progresso non solo dei sopravvissuti ma anche dei loro discendenti, che non hanno potuto godere della ricchezza costruita dai loro antenati. “Nel suo discorso Biden ha cercato di collegare gli eventi di Tulsa al razzismo che ancora affligge la società statunitense”, scrive Time. Poco dopo ha annunciato una serie di misure per ridurre le disparità tra bianchi e neri, compresa l’assegnazione di più contratti federali alle aziende gestite da persone che appartengono alle minoranze.
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Questo articolo è uscito sul numero 1412 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati