La felicità è come l’Eden biblico: possiamo esserne brutalmente espulsi, senza preavviso e senza spiegazioni. Un giorno, scrive Emmanuel Carrère nel suo nuovo libro Yoga, “i dieci anni che sono stati i migliori della mia vita” sono finiti. Era il 2015. Lo scrittore ha poi attraversato una grave depressione. Quando si è verificata questa crisi, stava pensando al progetto di un libro sullo yoga, disciplina fisica e meditativa insieme. Cercava di dominare i suoi “pensieri parassitari, le chiacchiere incessanti che ci impediscono di vedere le cose come sono”, senza i quali la mente, “liberata dalla schiuma delle nostre paure, delle nostre reazioni, dei nostri commenti incessanti, riflette solo il reale”. Qualche settimana dopo, lo hanno ricoverato in un ospedale psichiatrico con la diagnosi di disturbo bipolare di tipo 2 (“si è in due nello stesso uomo, e quei due sono nemici”) e con il cervello in preda alle ruminazioni. Era tormentato da forze oscure che lo trascinavano verso l’abisso, perseguitato da un “sentimento di angoscia e incurabilità” al punto da richiedere l’eutanasia, ossessionato da desideri suicidi e sottoposto a sedute di elettroshock in anestesia totale. Così Emmanuel Carrère è tornato ai suoi vecchi demoni, quelli con e contro i quali scrive da più di trent’anni: “Paura, vergogna, odio: la grande Trinità. La conosciamo tutti, altrimenti non saremmo umani”. La storia procede per brevi capitoli accuratamente cuciti insieme, e vediamo lo scrittore convalescente che lentamente si tira fuori da questa prigione mentale, riflettendo sulla propria vita e sulla propria scrittura, piangendo l’amico Bernard Maris, ucciso nell’attacco terroristico a Charlie Hebdo, sognando l’amore con l’enigmatico Roger Caillois e l’assoluto con l’ardente Catherine Pozzi. Presto partirà per la Siria per seguire le tracce del Corano scomparso di Saddam Hussein, e poi, alla ricerca di “un posto dove andare quando non si sa più dove andare”, sbarcherà sull’isola greca di Leros dove i giovani rifugiati, bloccati alle porte dell’Europa, sopravvivono, oscillando tra speranza e noia… La storia di un uomo bruciato, ma che non rinuncia ad aspirare alla felicità.
Nathalie Crom, Télérama
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1412 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati