Più sono accattivanti, più sono pubblicati e citati, anche se non sono del tutto affidabili: gli studi scientifici soffrono ormai da anni della cosiddetta “crisi della riproducibilità”, descritta nel 2005 da John Ioannidis dell’università di Stanford. Lo scienziato denunciava i punti deboli della ricerca biomedica in un sistema dominato da logiche di mercato e dall’imperativo del publish or perish, pubblicare o morire. La conseguenza è che i risultati di molti articoli di psicologia, economia e scienze sociali non superano la prova della riproducibilità, da cui dipende la validità scientifica. Paradossalmente gli studi non riproducibili sono citati più di quelli dai risultati solidi. E solo il 12 per cento delle citazioni dichiara che gli studi non sono riproducibili, scrive Science Advances. L’ipotesi è che le ricerche presentate in modo accattivante, anche se deboli, superano più facilmente la revisione dei pari.
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Questo articolo è uscito sul numero 1411 di Internazionale, a pagina 103. Compra questo numero | Abbonati