Il 15 maggio, scrive il quotidiano The Nation, sono state rinviate di almeno tre settimane le elezioni legislative e regionali etiopi, in programma per il 5 giugno. Il voto, inizialmente previsto per l’agosto del 2020, era stato rimandato una prima volta a causa della pandemia, una decisione che aveva creato uno strappo tra il governo federale e le autorità della regione del Tigrai. Il secondo rinvio è dovuto ai ritardi nelle procedure di registrazione degli elettori e ad altre questioni tecniche. I gravi episodi di violenza che sconvolgono il paese non lasciano ben sperare per uno svolgimento pacifico del voto, fanno notare molti osservatori stranieri. Intanto le autorità di Addis Abeba hanno cominciato a preoccuparsi della copertura negativa dei mezzi d’informazione stranieri sul conflitto nel Tigrai e sono ricorse alle minacce e agli arresti di giornalisti. Simon Marks, collaboratore del New York Times, si è visto ritirare le credenziali da giornalista dopo che aveva visitato la regione. Lì aveva intervistato dei civili sulle atrocità commesse dai soldati etiopi ed eritrei, e alcune vittime di violenze sessuali. Sempre più testimonianze parlano di stupri usati come arma di guerra, anche su donne anziane e bambine di appena otto anni. Per il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, la situazione è “terrificante”.

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Questo articolo è uscito sul numero 1410 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati