L’etichetta statunitense Dust-to-Digital è stata fondata nel 2003 e ha svolto un lavoro straordinario nel garantire che la musica del passato, dal gospel al blues più raro, dalla tradizione cambogiana a quella dell’Africa orientale, fosse disponibile per il pubblico contemporaneo. I cofanetti sono sbalorditivi, delle piccole opere d’arte. Per dare il via al 2021 la Dust-to-Digital ha pubblicato una compilation di cento brani intitolata Excavated shellac. An alternate history of the world’s music. La raccolta contiene registrazioni provenienti da 78 epoche diverse e un bellissimo libro illustrato di 186 pagine dove ogni brano viene presentato. Il primo pezzo è un canto di protesta di un minatore sudafricano contro la brutalità della polizia, l’ultimo un sognante brano cubano. In Excavated shellac non c’è traccia di jazz, blues, country, pop o classica, ma c’è un grande buffet sonoro da tutto il mondo: Afghanistan, Regno di Jugoslavia, Uganda, Mongolia e non solo. La compilation è stata realizzata insieme a Excavated shellac, un sito specializzato in musica non anglofona, presente anche su Instagram e Facebook, creato nel 2007 da Jonathan Ward, un collezionista di 78 giri. Ward, che vive a Los Angeles, è un grande esperto di metadati. Applicando il rigore scientifico alla sua collezione di dischi, ha trovato un sacco di informazioni su registrazioni rarissime. Per questo la Dust-to-Digital ha scelto di lavorare con lui.
Garth Cartwright, The Attic
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Questo articolo è uscito sul numero 1407 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati