Non bisognerebbe mai comprare un animale, scrive Mila García Nogales sul quotidiano online spagnolo El Diario. “Pagare per un animale significa accettare che le vite abbiano un prezzo. E che, quindi, gli esseri viventi possano essere comprati (e posseduti)”. Giornalista, attivista per la liberazione animale ed ecofemminista, García Nogales spiega: “Ogni volta che si offre una vita in cambio di denaro la si oggettivizza. Dalle cucce per cani e gatti ai negozi di animali, dove roditori, pesci o rettili restano chiusi in vetrine o gabbie in attesa di una casa, passando per il commercio di uccelli esotici o cavalli, la vendita di animali non umani all’interno dello scenario capitalista usa lo specismo per fare profitti e antepone gli affari alla vita: dominandola, mercificandola, schiavizzandola”. Secondo García Nogales viviamo in un sistema in cui “la differenza legittima la disuguaglianza”: “Mentre la maggior parte di noi trova intollerabile il traffico di esseri umani, il livello di accettazione aumenta man mano che l’individuo scende di rango nella gerarchia, secondo i criteri specisti di ogni cultura. Anche all’interno della nostra specie facciamo distinzioni, altrimenti non ci sarebbero discriminazioni come il machismo e il razzismo”.
“È etico tenere animali domestici?”, si chiede su The Conversation Corey Lee Wrenn, docente di sociologia all’università di Kent, nel Regno Unito. “Diversi attivisti per i diritti degli animali ed esperti di etica, me compresa, pensano di no: tenere animali domestici è fondamentalmente ingiusto e implica la manipolazione del corpo, del comportamento e della vita emotiva degli animali. Per secoli i corpi degli animali da compagnia (soprattutto cani, cavalli e conigli) sono stati plasmati per adattarsi alle mode e ai capricci degli esseri umani. E questo spesso ha causato notevoli danni fisici agli animali”. Wrenn cita indumenti, guinzagli e il taglio o l’asportazione delle unghie. Inoltre gli animali domestici sono spesso “limitati nei loro movimenti quotidiani”, a volte tenuti in gabbia e “regolarmente al chiuso, sempre alla mercé dei padroni umani”. Le vite degli animali da compagnia sono “quasi completamente controllate dagli umani”, che possono decidere di terminarla “in qualunque momento e per i motivi più banali”. Wrenn sottolinea anche un altro aspetto: “Gli animali domestici simbolicamente rafforzano l’idea che i gruppi vulnerabili possono essere posseduti e controllati per il piacere e la comodità di gruppi più potenti e privilegiati”. Non è un caso che parole come “gattina” e “coniglietta” siano usate per indicare le donne da chi vorrebbe confinarle in casa “per soddisfare e servire il patriarca”.
Su Aeon Gary Francione, docente di diritto alla Rutgers university, negli Stati Uniti, e la sua compagna Anna Charlton, con cui ha scritto il saggio The abolitionist approach, sostengono che “quando parliamo di diritti degli animali, parliamo innanzitutto di un diritto: quello di non essere proprietà. Infatti se gli animali contano dal punto di vista morale – se non sono solo cose – allora non possono appartenere a nessuno. Se appartengono a qualcuno, possono solo essere cose”. Secondo i due filosofi quindi, l’addomesticamento non è moralmente accettabile. “Gli animali domestici sono inevitabilmente dipendenti da noi, controlliamo la loro vita dall’inizio alla fine. Per quanto possiamo trattarli bene, sono schiavi”. Perciò, concludono, “abbiamo il dovere morale di fare in modo che non esistano più”. Non solo gli animali che sfruttiamo come forza lavoro o cibo, “ma anche i cani, i gatti e altri non umani cosiddetti ‘da compagnia’”.
Nathan Winograd, direttore del No kill advocacy center, negli Stati Uniti, non è d’accordo: una scelta simile, afferma, comporterebbe la violazione del diritto all’esistenza degli animali non umani. Meglio invece migliorare le strutture di accoglienza per gli animali domestici che non hanno una casa. E poi, conclude, l’umanità ha una grande capacità di compassione e cura.
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Questo articolo è uscito sul numero 1406 di Internazionale, a pagina 46. Compra questo numero | Abbonati