Deb Olin Unferth (Brian Shumway, Redux/Contrasto)

Al centro di Capannone n. 8 c’è l’amore, in particolare il desiderio che nasce dalla nostalgia di qualcuno che amiamo, e il modo in cui l’amore può, se catalizzato, spingere a fare grandi cose. Grandi come escogitare un piano per rubare un milione di polli. Janey Flores, 15 anni, viaggia in autobus da Brooklyn all’Iowa per incontrare suo padre per la prima volta, un uomo di cui la madre le aveva parlato praticamente come un donatore di sperma. Appena scesa dall’autobus Janey sospetta di aver fatto la scelta sbagliata, e i suoi sospetti sono confermati quando incontra il padre, vede il suo squallido appartamento e scopre che lui sapeva della sua esistenza ma non si è mai preso la briga di cercarla. La “vecchia Janey”, quella che andava a scuola e viveva con la sua amata madre Olivia nella loro accogliente casa di pietra arenaria, e la “nuova Janey”, già interiormente spenta in questo luogo dove il vento si lamenta costantemente sui campi, diventano due persone separate che vivono vite parallele. Questa spaccatura straziante diventa più ampia quando un incidente blocca per sempre Janey in questa nuova vita. La narrazione si muove spesso al di fuori del tempo lineare con grande effetto, illuminando passati alternativi e anticipazioni. Incontriamo Cleveland, un’idealista disillusa che lavora per l’industria delle galline ovaiole dell’Iowa. Quand’era ragazzina, vent’anni prima, la madre di Janey le aveva fatto da baby-sitter. Olivia aveva insegnato a Cleveland a innamorarsi del mondo, poi era scomparsa. Quando Janey si presenta nella città natale di Olivia dopo tutti quegli anni, Cleveland, ancora in lutto per la sua baby-sitter scomparsa, dà a Janey un lavoro che “cambierà il corso della sua vita per sempre”, spinta dal senso di gratitudine verso la donna che ha cambiato la sua. La devozione delle due donne a Olivia e alla sua eredità è anche alla base della loro decisione di rubare – anzi, di “salvare” – un milione di galline ovaiole. Tuttavia, non sono sole; altre centinaia di persone hanno sentito il grido di battaglia e sostengono la lotta. Capannone n. 8 è un libro bellissimo, politicamente urgente, con un cuore enorme. A volte la trama sembra un po’ folle, ma lo è anche l’amore. Harriet Alida Lye, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1405 di Internazionale, a pagina 84. Compra questo numero | Abbonati