Il primo testimone chiamato dall’accusa nel processo per l’omicidio di George Floyd, avvenuto il 25 maggio scorso, è stata una centralinista del numero d’emergenza 911, che aveva osservato l’arresto in tempo reale attraverso una telecamera di sorveglianza. Floyd era immobilizzato da tanto tempo che la donna si era chiesta se la telecamera si fosse bloccata. “Il mio istinto mi diceva che c’era qualcosa di sbagliato”, ha testimoniato, spiegando perché ha preso la decisione inconsueta di denunciare l’uso della forza da parte dei poliziotti.

Il suo istinto si è dimostrato tragicamente giusto. C’è chiaramente qualcosa di sbagliato quando un arresto per il presunto uso di una banconota falsa finisce con un afroamericano di 46 anni che soffoca, chiede aiuto e muore. La morte di Floyd ha scatenato proteste in tutto il paese e dibattiti su razzismo, polizia e giustizia sociale. Ora una giuria del Minnesota deve decidere se Derek Chauvin, il poliziotto che ha bloccato Floyd sotto il suo ginocchio per nove minuti e 29 secondi, ne è penalmente responsabile. Chauvin è accusato di omicidio volontario, omicidio colposo e omicidio preterintenzionale, e rischia fino a quarant’anni di prigione. Quello che è cominciato il 29 marzo sarà probabilmente uno dei processi più seguiti degli ultimi anni. Le udienze saranno trasmesse in diretta, e dopo aver osservato il video della morte di Floyd i cittadini potranno verificare direttamente se ci saranno conseguenze per quelle azioni.

Un pubblico ministero ha fatto vedere il filmato durante la sua arringa d’apertura per dimostrare che Chauvin non ha mai allentato la presa. Nel video si sente Floyd ripetere 27 volte che non respira, e la folla che si è formata chiedere più volte alla polizia di lasciarlo andare perché l’uomo è chiaramente in difficoltà. L’avvocato di Chauvin ha sostenuto che Floyd è morto per i suoi problemi cardiaci e per l’uso di droghe, e ha accusato la folla di essere stata una minaccia e di aver distratto i poliziotti. “Chauvin ha fatto esattamente ciò che era stato addestrato a fare nei suoi 19 anni di carriera”, ha dichiarato. Speriamo che nessuna giuria accetti che un poliziotto sia addestrato a essere tanto determinato a fare del male e tanto indifferente alla sofferenza umana. ◆ ff

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Questo articolo è uscito sul numero 1403 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati