Quando il regista e scrittore austriaco Billy Wilder fuggì dall’Europa nazista per Hollywood, nel 1933, non parlava una parola di inglese. Nel 1946 aveva vinto due Oscar per Giorni perduti e nel 1958 dirigeva Marilyn Monroe nell’interpretazione decisiva della sua carriera in A qualcuno piace caldo. Raggiunti i sessant’anni, tuttavia, Wilder aveva cominciato a perdere il favore del botteghino. Ai tempi di Fedora, nel 1978, un film su un’attrice anziana che costringe sua figlia a prendere il suo posto e il suo nome dopo che la chirurgia plastica la lascia sfigurata, Hollywood aveva già rifiutato di finanziare il film e Marlene Dietrich il ruolo da protagonista. È in questo momento, mentre lo spettro dell’irrilevanza incombe, che incontriamo per la prima volta Wilder nell’ultimo romanzo di Jonathan Coe, Io e Mr Wilder. Wilder e Fedora ci vengono presentati attraverso la reminiscenza nostalgica di un personaggio immaginario di nome Calista Frangopolou, una compositrice nata ad Atene, che ora, intorno ai cinquant’anni, vive a Londra. Quando la incontriamo, ai giorni nostri, sta affrontando l’infelice prospettiva di una carriera in declino e di una casa vuota, mentre una figlia se ne va e un’altra deve decidere se abortire o no. Stacco su Los Angeles, 1977: Calista, 21 anni, è invitata a cenare con un amico di famiglia della sua compagna di viaggio, Gill. Le ragazze si presentano indossando magliette sporche e pantaloncini tagliati, e nessuna delle due si rende conto che stanno mangiando patatine fritte con Billy Wilder e il leggendario sceneggiatore Iz Diamond. La trama si muove tra il fascino di Calista da giovane, che le permette di fare amicizia con Wilder e Diamond, e la voce narrante della Calista di mezza età. Mentre lei è sedotta dallo sfarzo del cinema e Wilder fatica a rendere il film coeso, ci rendiamo conto che questa è una storia di formazione duplice, su cosa significa crescere nel passaggio all’età adulta e alla mezza età. È Wilder il personaggio più affascinante, e quando nel finale esce di scena, l’energia del romanzo si dissipa, confermando il sospetto che la nostra protagonista non fosse che una spalla. Baya Simons, Financial Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1398 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati