Quando abbiamo smesso di capire il mondo è un romanzo ingegnoso, intricato e profondamente inquietante. La maggior parte dei personaggi sono figure storiche e gran parte della narrazione si basa su fatti realmente accaduti. La prima sezione del libro è una visita guidata nella camera degli orrori delle invenzioni più diaboliche prodotte da due guerre mondiali. Incontriamo Hermann Göring, che si schiacciò in bocca una capsula di cianuro per evitare la corda del boia; Alan Turing, che si dice si sia ucciso mordendo una mela in cui aveva iniettato lo stesso veleno; Johann Jacob Diesbach, l’inventore del blu di Prussia, il primo pigmento sintetico moderno e la base del cianuro; e l’alchimista Johann Konrad Dippel, che potrebbe essere stato il modello del Frankenstein di Mary Shelley. Il vero cattivo qui, tuttavia, è il chimico Fritz Haber (morto nel 1934), responsabile del programma di attacchi con gas tossici che uccisero decine di migliaia di soldati nella prima guerra mondiale. La moglie, che disapprovava, si suicidò. Dopo questa apertura da far rizzare i capelli, siamo lanciati in regioni un po’ più tranquille dello spazio-tempo, dove galleggiano personaggi più familiari come Einstein e altri fisici e matematici del novecento, e il ritmo narrativo rallenta. La seconda metà del libro è in gran parte occupata dalla lotta per la supremazia nella fisica moderna tra Erwin Schrödinger e Werner Heisen-berg. Nel 1926 Schrödinger formulò un’equazione che descrive “virtualmente l’intera chimica e fisica moderna”; in violenta opposizione, Heisen-berg sviluppò il “principio di indeterminazione”, mettendo in dubbio l’intera costruzione, e nel far questo inventò la meccanica quantistica. Chi di loro aveva ragione, Schrödinger o Heisenberg? Labatut ha scritto un romanzo distopico ambientato nel presente. JohnBanville, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1396 di Internazionale, a pagina 76. Compra questo numero | Abbonati