La reazione dei cittadini birmani al colpo di stato militare del 1 febbraio non si è fatta attendere. Dal 7 febbraio nelle principali città del paese le manifestazioni sono ogni giorno più partecipate, nonostante il divieto imposto dai militari e la minaccia di interventi con la forza. La polizia ha usato contro la folla idranti, proiettili di gomma e armi da fuoco, anche mirando alle persone. Una ragazza di 19 anni è stata colpita alla testa da un proiettile sparato dagli agenti. I medici dell’ospedale dov’era ricoverata ne hanno dichiarato la morte cerebrale il 10 febbraio. Dopo i medici, gli insegnanti e i ferrovieri, che per primi hanno incrociato le braccia contro il golpe, molti altri dipendenti pubblici hanno aderito alla campagna di disobbedienza civile, tra cui decine di poliziotti, scrive Myanmar Now. La Lega nazionale per la democrazia – il partito di Aung San Suu Kyi, arrestata più di dieci giorni fa – ha denunciato un raid della polizia nella sua sede il 10 febbraio. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1396 di Internazionale, a pagina 28. Compra questo numero | Abbonati