“Quelli commessi dagli ex combattenti delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) non sono stati errori, ma crimini di guerra”. Le parole di Eduardo Cifuentes, presidente della Jurisdicción especial para la paz (Tribunale speciale per la pace, Jep) segnano un momento storico: sono il primo di vari giudizi che il tribunale di riconciliazione dovrà esprimere sugli anni del conflitto armato in Colombia. Due anni e mezzo dopo la sua istituzione, e nonostante l’ostilità politica che ha dovuto affrontare, il tribunale dimostra quanto conta il suo contributo per la riconciliazione nel paese. Inoltre chiarisce che il suo ruolo non è garantire l’impunità, come gli avversari del processo di pace sostengono, ma stabilire in modo saggio la responsabilità dei crimini commessi in quegli anni.
La prima sentenza emessa dalla Jep il 28 gennaio riguarda i sequestri, e questo ha un significato speciale: si tratta di uno dei crimini di guerra che hanno causato più traumi e ferite in Colombia. In quegli anni c’era la sensazione che nessun colombiano potesse sfuggire alla crudeltà delle Farc. La Jep ha individuato 21.936 vittime, ma ha riconosciuto che molti sequestri non erano stati denunciati.
I vertici dell’organizzazione dovrebbero accettare le imputazioni. La Colombia deve vedere che i processi producono effetti concreti. La giustizia non deve essere vendetta, ma deve avere un elemento sanzionatorio. Era questo il senso dello storico accordo raggiunto tra le Farc e lo stato colombiano.
Il processo di transizione verso la pace sarebbe più facile se il governo s’impegnasse realmente a sostenere le istituzioni create dall’accordo. C’è ancora tempo per cambiare tono e scommettere sulla pace. Oggi più che mai è un imperativo morale. ◆ gac
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1395 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati