Il presidente ivoriano Alassane Ouattara è stato rieletto per un quarto mandato con l’89,77% dei voti, in uno scrutinio da cui i suoi due principali rivali erano stati esclusi, secondo i risultati annunciati il 27 ottobre dalla commissione elettorale.
Ouattara, 83 anni, ha affrontato quattro candidati di scarso peso politico.
Il tasso di partecipazione è stato di appena il 50,1 per cento.
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Sono stati in particolare gli elettori del sud e dell’ovest del paese, in cui l’opposizione è più forte, a disertare le urne a causa dell’assenza dell’ex presidente Laurent Gbagbo (2000-2011) e del banchiere internazionale Tidjane Thiam, leader rispettivamente del Ppa-Ci e del Pdci.
Gbagbo era stato escluso per una condanna penale e Thiam per questioni di nazionalità.
Nel nord del paese, dove c’è una netta prevalenza dell’etnia mandingo, quella di Ouattara, il presidente ha ottenuto un successo schiacciante, superando in alcune zone il 99 per cento dei voti.
Per quanto riguarda gli altri candidati in lizza, l’imprenditore ed ex ministro del commercio Jean-Louis Billon è arrivato secondo con il 3,09 per cento, mentre l’ex first lady Simone Ehivet Gbagbo ha ottenuto il 2,42 per cento.
La sera del 27 ottobre Thiam ha affermato che non si è trattato di una “vera elezione” e che il voto “ha rafforzato le divisioni nel paese”.
Thiam ha invitato la popolazione a “una mobilitazione pacifica per riconquistare la democrazia”.
Il giorno prima il Fronte comune, un’alleanza formata dal suo partito e da quello di Gbagbo, aveva definito illegittima la presidenza Ouattara e chiesto nuove elezioni.
Prima del voto il governo aveva vietato le manifestazioni del Fronte comune, procedendo a centinaia di arresti per “disturbo dell’ordine pubblico”.
Secondo il Consiglio nazionale dei diritti umani (Cndh), un’organizzazione della società civile, almeno dieci persone sono morte nelle violenze scoppiate durante la campagna elettorale e il giorno del voto.
Alcune delle elezioni presidenziali degli ultimi anni erano state caratterizzate da violenze molto più gravi, con tremila morti nel 2010 e 85 nel 2020.
 
			 
            
                     
                     
                     
                     
	                 
	                 
	                 
            