L’11 settembre l’ex presidente brasiliano di estrema destra Jair Bolsonaro è stato condannato a 27 anni di prigione per un tentativo di colpo di stato. La corte suprema ha stabilito per quattro voti a uno che era a capo di un’organizzazione criminale il cui obiettivo era permettergli di restare al potere nonostante la sconfitta nelle elezioni presidenziali dell’ottobre 2022, vinte dall’attuale presidente Luiz Inácio Lula da Silva.
Ineleggibile fino al 2030 e agli arresti domiciliari a Brasília dall’inizio di agosto con l’accusa di aver ostacolato il processo, Bolsonaro non ha partecipato alle udienze, secondo la difesa per motivi di salute.
Bolsonaro è stato processato insieme a sette stretti collaboratori, tra cui alcuni ex ministri e generali.
Era la prima volta che un ex capo dello stato doveva rispondere di accuse simili in un paese ancora tormentato dal ricordo della dittatura militare (1964-1985).
Nel votare il 9 settembre a favore della condanna, il giudice Flávio Dino, ex ministro della giustizia, ha precisato che i reati contestati a Bolsonaro “non sono soggetti ad amnistia”.
Quest’avvertimento è stato lanciato mentre la destra sta cercando di far approvare in parlamento una legge di amnistia per favorire il suo leader.
La difesa dell’ex presidente dovrebbe presentare ricorso contro la condanna, basandosi sul parere dell’unico giudice che ha votato per l’assoluzione, Luiz Fux, secondo il quale non c’erano prove sufficienti di colpevolezza.
Il processo ha diviso profondamente l’opinione pubblica brasiliana.
Decine di sostenitori di Bolsonaro si sono riuniti per una “veglia di preghiera” vicino alla sua casa nella capitale.
C’era un camion con un impianto audio e bandiere del Brasile, ma anche degli Stati Uniti e d’Israele, governi considerati amici.
In particolare, il processo a Bolsonaro è stato al centro di una crisi senza precedenti tra il Brasile e gli Stati Uniti.
Citando una “caccia alle streghe” contro il suo alleato Bolsonaro, il 6 agosto il presidente statunitense Donald Trump aveva imposto al Brasile dazi doganali punitivi del 50 per cento.
L’11 settembre il segretario di stato statunitense Marco Rubio ha affermato che gli Stati Uniti “risponderanno” alla “condanna ingiusta” di Bolsonaro.
Pugnale verde e giallo
Nostalgico della dittatura (1964-1985), Bolsonaro era accusato di “pianificazione di un colpo di stato”, di “tentativo di sovvertire con la violenza lo stato di diritto democratico” e di “organizzazione criminale armata”.
In base all’atto d’accusa della procura, la cospirazione “è stata guidata dal presidente Bolsonaro e dal suo candidato vicepresidente Walter Braga Netto che, insieme ad altre persone, sia civili sia militari, hanno cercato d’impedire l’attuazione dei risultati delle elezioni presidenziali del 2022”.
Il piano, chiamato Pugnale verde e giallo (i colori della bandiera brasiliana), prevedeva di assassinare Lula, il vicepresidente Geraldo Alckmin e il giudice della corte suprema Alexandre de Moraes.
Avrebbe dovuto essere eseguito da membri delle forze speciali dell’esercito prima dell’insediamento di Lula, il 1 gennaio 2023.
Il mancato sostegno dell’esercito
Secondo gli inquirenti, il colpo di stato non si è concretizzato a causa del mancato sostegno dei principali comandanti dell’esercito brasiliano.
Bolsonaro avrebbe anche partecipato alla stesura di un decreto, mai emanato, che prevedeva la proclamazione dello stato d’assedio e l’annullamento delle elezioni presidenziali.
Secondo la procura, un “ultimo tentativo” di colpo di stato si è poi verificato l’8 gennaio 2023, con la rivolta di Brasília, che ha ricordato l’assalto al congresso del 6 gennaio 2021 negli Stati Uniti.
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