Il 14 ottobre Pechino ha schierato aerei e navi da guerra intorno a Taiwan nell’ambito di un’esercitazione militare presentata come un “serio avvertimento” al governo separatista”.

L’isola, che ha circa 23 milioni di abitanti, è autonoma dal 1949, ma la Cina la considera una provincia ribelle e punta a riportarla sotto il suo controllo, se necessario con la forza.

Gli Stati Uniti, che l’11 ottobre avevano chiesto a Pechino di evitare provocazioni nei confronti di Taipei in seguito alle accuse reciproche tra i due vicini, hanno denunciato “un’operazione ingiustificata che potrebbe portare a un’escalation militare”.

Washington, che nel 1979 ha riconosciuto diplomaticamente Pechino a scapito di Taipei, rimane il principale alleato e fornitore di armi di Taiwan.

L’esercito cinese ha definito l’esercitazione militare un “serio avvertimento in risposta alle azioni delle forze indipendentiste di Taiwan”.

“Si tratta di un’operazione legittima e necessaria per salvaguardare la sovranità e l’unità nazionale della Cina”, ha affermato Li Xi, portavoce del comando orientale dell’esercito.

“Si sta svolgendo a nord, a sud e a est dell’isola di Taiwan”, ha aggiunto.

Secondo la tv di stato cinese Cctv, l’esercito ha schierato “caccia e bombardieri, oltre a cacciatorpediniere e fregate”.

Il ministero della difesa taiwanese ha denunciato il “comportamento irrazionale e provocatorio” di Pechino, affermando di aver “attivato forze appropriate per difendere la sovranità di Taiwan”.

Alcune isole taiwanesi, tra cui Penghu, Kinmen e Matsu, sono state poste in stato di massima allerta.

La guardia costiera taiwanese ha affermato che alcune navi da guerra cinesi hanno attraversato la linea mediana dello stretto di Taiwan, non riconosciuta da Pechino, che divide in due lo spazio marittimo tra l’isola e la Cina continentale.

L’esercitazione arriva pochi giorni dopo un discorso del presidente taiwanese Lai Ching-te, che il 10 ottobre, in occasione della festa nazionale, si era impegnato a “resistere ai tentativi di annessione della Cina”.

Pechino aveva reagito affermando che le “provocazioni del presidente taiwanese porteranno al disastro il suo popolo”.

“Di fronte alle minacce esterne, voglio assicurare ai cittadini che questo governo continuerà a difendere il sistema costituzionale democratico e a salvaguardare la sicurezza nazionale”, ha dichiarato Lai il 14 ottobre in un post su Facebook.

La frattura tra Pechino e Taipei risale alla guerra civile tra i combattenti comunisti guidati da Mao Tse-tung e le forze nazionaliste guidate da Chiang Kai-shek.

Sconfitti dai comunisti, che il 1 ottobre 1949 fondarono la Repubblica Popolare Cinese, i nazionalisti fuggirono a Taiwan, dove fondarono uno stato autonomo.