Cosa hanno in comune Mahmoud Abbas ed Emmanuel Macron? Il presidente palestinese e quello francese sono stati entrambi emarginati dal piano di Donald Trump per Gaza, e oggi sono convinti che il progetto è destinato a fallire senza la loro partecipazione. Con queste premesse, l’11 novembre i due leader si sono incontrati a Parigi.
Stanno facendo un gioco d’equilibrio per mantenersi allo stesso nel quadro definito dal piano del presidente degli Stati Uniti e in quello dell’iniziativa franco-saudita presentata alle Nazioni Unite. I due piani, però, sono contraddittori su diversi punti e soprattutto nelle finalità.
Parigi segue fermamente la logica dei due stati e si appoggia all’Autorità palestinese di Mahmoud Abbas, mentre il piano di Trump non ha un chiaro obiettivo, non propone alcun collegamento tra Gaza e la Cisgiordania e cita l’Autorità palestinese solo di passaggio.
Ma è questo per ora che è in fase di realizzazione, almeno nella sua prima parte incentrata sul cessate il fuoco cominciato un mese fa.
È stato questo l’aspetto ambiguo del vertice dell’11 novembre: la Francia e l’Autorità palestinese fanno progetti senza alcuna garanzia di essere coinvolte in futuro nell’attività sul campo. Hanno creato una commissione congiunta per discutere il “consolidamento dello stato di Palestina” e una nuova costituzione palestinese. Ma è uno stato che esiste solo sulla carta, mentre la costituzione non sarà mai applicata se non ci sarà una Palestina indipendente.
Senza dirlo chiaramente, Macron e Abbas pensano che il piano di Trump non arriverà alla seconda fase, quella che prevede la creazione di nuove istituzioni a Gaza e il disarmo di Hamas. Il piano statunitense, oltre a una forza internazionale di cui per ora si sa poco, prevede la nascita di un governo palestinese tecnico, ancora da formare, supervisionato addirittura da Trump in persona.
Gli ostacoli sono notevoli. E senza un interlocutore palestinese, probabilmente gli statunitensi non riusciranno a realizzarlo. La Francia sostiene che l’Autorità palestinese, nonostante tutte le sue debolezze, sia l’unico referente possibile, ma né Israele né l’amministrazione Trump la pensano così, almeno a questo stadio.
Il presidente palestinese
L’obiettivo del vertice di Parigi era di dire forte e chiaro che la Francia e l’Autorità palestinese stanno lavorando insieme a delle soluzioni utili per quando Washington ammetterà che il suo piano difettoso è all’impasse. È una scommessa politica tutt’altro che vinta.
L’incontro fra Macron e Abbas è stato immediatamente criticato dall’ambasciatore israeliano in Francia. Era prevedibile: per Israele la Francia ha il “torto” di voler tenere in vita l’idea di uno stato palestinese a tutti gli effetti, a cui il governo di Benjamin Netanyahu è assolutamente contrario. Tra l’altro Macron ha accolto Abbas come presidente dello stato di Palestina e non più come leader dell’Autorità palestinese, un’evoluzione giustificata dal riconoscimento francese della Palestina del 22 settembre scorso.
L’intesa di Parigi resta però lontana dalla realtà sul campo. Oggi metà della Striscia di Gaza è sotto il controllo di Hamas, e l’altra metà è occupata dall’esercito israeliano. L’opzione franco-saudita per ora non ha i mezzi per imporsi. Di fatto è ancora Donald Trump, vero destinatario dell’appello di Parigi, a tenere le redini.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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