Queer di Luca Guadagnino è l’adattamento del romanzo incompiuto di William Burroghs, uscito in Italia nel 1985 con il titolo Checca. La sceneggiatura è di Justin Kuritzkes con cui Guadagnino aveva già collaborato in Challengers.

William Lee è uno scrittore statunitense che, a metà degli anni cinquanta, vive a Città del Messico dove può esprimere la sua omosessualità più liberamente che negli Stati Uniti. Passa le giornate in giro per bar e locali, rimorchiando ragazzi messicani e frequentando altri expat. Incontra Allerton, un giovane soldato, abbastanza sfuggente, per cui comincia a maturare una sorta di ossessione.

Tra i due si crea un legame e Lee invita Allerton a seguirlo in un viaggio nella giungla dell’Ecuador in cerca di una leggendaria pianta, lo yagé, che può rendere telepatico chi la assume.

Il film sembra un po’ diviso in due. Nella prima parte oziamo insieme ai personaggi, indugiamo in un certo esotismo dell’ambientazione, mentre la parte nella giungla diventa una specie di discesa agli inferi dantesca, sempre più delirante.

Fin da quando è stato presentato alla Mostra del cinema di Venezia, Queer ha diviso pubblico e critica. C’è stato chi l’ha sofferto e chi invece l’ha trovato magnetico, c’è chi ha apprezzato molto la prima parte (la ricostruzione di questo milieu di “profughi” sociopolitici), trovando eccessivo il viaggio in Ecuador.

Io ho trovato il film magnetico e mi è piaciuta soprattutto la seconda parte. Penso che Guadagnino abbia raffinato una cifra tecnica, uno stile per cui è in grado di portare lo spettatore dove vuole e quindi l’allucinazione ecuadoriana diventa un’illusione d’amore, un sogno romantico e struggente.

Un certo merito in tutto questo va riconosciuto a Daniel Craig, che interpreta Lee, e al suo fascino debordante che secondo me ha reso il suo James Bond, quello di Casino Royale, secondo solo, se non addirittura pari, a quello di Sean Connery di Licenza di uccidere.

Già che ci siamo, ecco i miei tre film di James Bond preferiti: Dalla Russia con amore (Connery), Casino Royale (Craig) e L’uomo dalla pistola d’oro (Roger Moore).

Questo testo è tratto dalla newsletter Schermi.

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