Due giorni nella vita di due persone innamorate. Il primo, quando tutto comincia, e l’ultimo, quando ci si lascia. A chi legge, la possibilità di immaginare cosa è successo in mezzo. In questa puntata: Fanny, 57 anni.

Il primo giorno

“Il nostro incontro risale alla prima media. Frequentiamo la stessa scuola, ma siamo in classi diverse. All’epoca non lo noto particolarmente. Lui sì, invece. Facciamo parte dello stesso gruppo di amici, stiamo insieme all’oratorio, nel fine settimana e alla colonia estiva. In seconda liceo Raoul comincia a corteggiarmi, finiamo per metterci insieme. È la prima volta che m’innamoro, ma lui si spaventa e scappa. La mia vita continua, sposo il fratello di un’amica conosciuta al corso per diventare infermiera, faccio un figlio, poi un altro: per me è importante diventare madre. Lasciamo Grenoble, dove vivevo con la famiglia, e decidiamo di tornare a Parigi.

In quel periodo ricontatto il gruppo di amici del liceo, e rivedo Raoul. Viene a casa mia con la moglie, io sono con mio marito, tutto fila liscio. Lui è molto contento di rivedermi, e si comporta in modo affettuoso. Ci vediamo spesso tutti e quattro, per poterci frequentare. Un giorno, non ricordo come sia successo, ci ritroviamo io e lui da soli in un parco con i nostri figli più piccoli.

Siamo seduti al sole, su una panchina, e lui mi dice: ‘Sono innamorato di te’. Mi sembra una follia, sono sbalordita, pensavo che la mia famiglia, mio marito, tutto questo mi avrebbe resa felice e che non avrei avuto bisogno di un’avventura, per di più clandestina. Provo qualcosa di molto forte, come se dovessi vivere questa storia. Gli rispondo: ‘Anch’io’. Lasciamo il parco e ognuno torna a casa sua.

All’epoca non esistevano i cellulari, così vado in una cabina telefonica per chiamarlo, lui non risponde. Di fronte al suo silenzio, lo invito di nuovo a casa con sua moglie e mio marito. Tra una portata e l’altra lo prendo in disparte: ‘Ma che succede? Perché sei scomparso?’. Lui ha paura. Come in seconda liceo.

La nostra prima volta succede una sera in un albergo, non ricordo più che scusa ho usato per dormire fuori. È una vera prima volta, goffa e non particolarmente entusiasmante. Mi sento male per le bugie che ho detto a mio marito, ma il desiderio è più forte di tutto.

Agitata, vado perfino da una psicologa per cercare di capire quello che mi sta succedendo. Lei mi dice che se sento il bisogno di vivere questa relazione, posso farlo. Questa autorizzazione mi dà un po’ di sollievo. Non lavoro più, ho smesso di fare l’infermiera in ospedale per occuparmi dei miei figli. Ma il martedì, ora, mangiano alla mensa scolastica. L’unico giorno per me nella mia settimana da casalinga lo passo con il mio amante in albergo. Non usciamo, rimaniamo in camera. Alle 16.30 vado a prendere i bambini a scuola.

Gli imprevisti della vita ci portano a traslocare, inizialmente a Chartres, il che mi allontana da Raoul. A ogni cambio di città cerco di lasciarlo, ma poi torno sempre da lui. Trovo una scusa e prendo un treno per incontrarlo. Poi ci trasferiamo ancora più lontano, a Grenoble.

Resisto un anno senza di lui, un anno di depressione, con l’impressione di vivere a metà. Lo richiamo, torniamo a vederci una volta al mese, sempre nello stesso albergo vicino alla Gare de Lyon, a Parigi, con quel piccolo ristorante che ci piace tanto. È qualcosa di saltuario ma necessario per il mio equilibrio personale. Ho l’impressione che se lo lasciassi crollerei.

Mi piacerebbe poterne parlare con mio marito, che fosse d’accordo, che capisse che questo non vuol dire che non lo amo. E una volta ci ho anche provato. Tornavo dal battesimo del figlio di Raoul, sua moglie mi aveva scelta come madrina. Era un ruolo che mi metteva a disagio, al rientro sono crollata davanti a mio marito: ‘Ti ho tradito con Raoul, ma voglio vivere con te’. Lui non ha detto nulla, è uscito dalla stanza, qualcosa si è rotto tra di noi”.

L’ultimo giorno

“‘Stronzo!’. Non ce la faccio più, lo insulto, sbatto la porta e torno a casa sollevata. Questo sabato mattina di febbraio sono andata da Raoul e abbiamo parlato. In realtà non ci siamo detti quasi nulla. Tutti quei decenni di clandestinità, andando avanti e indietro per la Francia, finalmente siamo una coppia ufficiale, ma non ha funzionato. Davanti a me ho un bambino che si fa rimproverare, che non parla, non riesce a decidersi, non sa prendere una posizione, incapace di vivere da solo.

Per quanto mi riguarda ho lasciato mio marito già da qualche tempo. In realtà è stato lui ad andare via. Andava molto d’accordo con una sua collega. Siamo stati invitati a una cena, li ho visti ridere e ho pensato: ‘C’è qualcosa tra loro’. Ho dato un’occhiata al suo telefono e tra i loro messaggi c’era scritto ‘ti amo’ e cose del genere.

Capisco mio marito, sono anni che lo tradisco, ma mi ha comunque ferita il fatto che abbia trovato un’altra persona. Gli ho proposto di separarci. In realtà a lui andava bene questa situazione, era sorpreso che io non volessi più dormire con lui. Penso che sarebbe rimasto con me per i figli, per non fargli vivere la nostra separazione.

Decidiamo di divorziare. Raoul mi fa i complimenti, mi trova molto coraggiosa, mi promette che farà lo stesso, così potremo essere una coppia ufficiale. Ma prende tempo. Io vivo ancora a Grenoble, e vincolo il mio trasloco a Parigi alla sua separazione. Lui tentenna, gliene parla solo un mese prima che io arrivi. È un disastro, ci sono molti silenzi, sensi di colpa, non si assume la responsabilità della sua decisione. Me la fa pagare, e diventa aggressivo.

La situazione non sembra migliorare. Raoul vive tra i suoi figli, la sua vecchia casa e me. In questa settimana di febbraio moltiplica le scuse per non vedermi, capisco che c’è qualcosa che non va. Ci mettiamo d’accordo per prendere un caffè un sabato mattina. È stufo che io periodicamente lo lasci per la sua indecisione. Vuole mettere fine alla nostra relazione. Come sulla panchina dove tutto era cominciato, rispondo: ‘Anch’io’.

Mi dispiace che non ci siamo riusciti, sembra come una maledizione, l’impossibilità di passare dall’infedeltà a un rapporto stabile. Pensavo che ci fosse una sorta di destino comune, che fossimo fatti per stare insieme. Ma non è la stessa persona da amante e da compagno. Da amante, c’era un desiderio fortissimo e travolgente. Da compagno non si sente più in pericolo, non è divertente, è diventato un partner noioso intrappolato nella solita routine.

Dopo la nostra rottura ha trovato subito un’altra donna. Penso che la vedesse mentre stavamo ancora insieme. Mi ha mentito come aveva fatto con la moglie quando l’amante ero io. Poi è arrivata la pandemia, nel frattempo avevo ripreso a lavorare in ospedale. Le corsie strapiene, i pazienti sofferenti, la vita sempre più fragile, tutto questo mi ha risucchiata e mi ha aiutata a voltare pagina”.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Amore che vieni, amore che vai è una serie del quotidiano francese Le Monde che racconta il primo e l’ultimo giorno di una storia d’amore. Qui ci sono tutte le puntate.

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