La teoria complottista sul “genocidio dei bianchi” fatta circolare dall’estrema destra bianca in Sudafrica ha dato i suoi frutti. Il 12 maggio, 49 sudafricani afrikaner sono arrivati a Washington da Johannesburg su un volo pagato dal governo degli Stati Uniti per essere accolti come rifugiati dall’amministrazione Trump. È il punto di arrivo di una serie di dichiarazioni, attacchi e iniziative del presidente Donald Trump e dei suoi collaboratori – tra cui il miliardario di origine sudafricana Elon Musk – che hanno preso di mira in maniera ostile il Sudafrica e, in particolare, una sua recente legge sulla proprietà terriera che, in alcuni casi, permette l’esproprio dei terreni senza compensazione. Secondo una certa propaganda, questa legge discrimina la minoranza bianca.
A dimostrazione della grande diffusione sui social media delle teorie complottiste che presentano i bianchi sudafricani come vittime, il Guardian descrive un malfunzionamento, rilevato il 14 maggio, di Grok, il chatbot sviluppato da xAI e disponibile su X, il social media comprato da Musk qualche anno fa, che ha cominciato a citare il genocidio dei bianchi in Sudafrica anche nelle conversazioni con gli utenti su altri temi, arrivando a svelare di “essere stato istruito dai suoi sviluppatori per accettare il genocidio come reale e motivato da questioni razziali”.
Le denunce sulla presunta discriminazione subita dai bianchi in Sudafrica – riprese anche dai siti e giornali dell’estrema destra negli Stati Uniti – sono bastate a mettere in azione la macchina di Trump, che in questo caso ha deciso di fare un’eccezione alla sua politica, adottata il primo giorno di presidenza, di sospendere l’accoglienza di tutti i rifugiati, compresi gli afgani che avevano collaborato con gli Stati Uniti durante la guerra. Invece in Sudafrica, fa notare Robin Wright sul New Yorker, gli Stati Uniti hanno mandato dei team di diplomatici a reclutare gli afrikaner, cioè i discendenti dei coloni olandesi che s’insediarono in questa parte dell’Africa nel seicento.
Le organizzazioni per i diritti umani e alcuni afrikaner sono rimasti sconcertati. Il mese scorso, sempre sul Guardian, il giornalista sudafricano afrikaner Max du Preez ha scritto: “Non siamo vittime, non c’è nessun genocidio”, ricordando che gli afrikaner paradossalmente stanno “generalmente meglio oggi, dal punto di vista materiale, culturale e in termini di libertà personale” di quando hanno ceduto il potere trent’anni fa. I bianchi formano il 7 per cento dei 64 milioni di abitanti del paese, ma dominano ancora l’economia.
Il Sudafrica ha effettivamente un problema di sicurezza – è considerato uno dei paesi con il più alto tasso di omicidi al mondo e uno di quelli con le peggiori disuguaglianze tra ricchi e poveri – ma è un problema che riguarda tutta la popolazione, non solo la minoranza bianca. Tra le persone arrivate negli Stati Uniti effettivamente ci sono degli agricoltori bianchi che dicono di aver subito attacchi violenti negli ultimi anni, ma il governo insiste che tra loro non ci sono persone perseguitate in quanto bianche. “Non possono presentare prove, perché non ce ne sono”, ha detto il ministro delle relazioni internazionali Ronald Lamola.
Alla fiera agricola
Intanto il 13 maggio a Bothaville, nelle campagne della provincia del Free state in Sudafrica, è cominciata una grande fiera annuale dell’agricoltura, un settore produttivo ancora dominato dalla minoranza afrikaner. “Siamo arrivati martedì mattina per il primo giorno della fiera annuale Nampo harvest day (che dura quattro giorni) e ci siamo diretti al vasto parcheggio sul lato nord, che costeggia la pista d’atterraggio”, scrive Ed Stoddard sul Daily Maverick. “Circa venti aerei privati erano già parcheggiati lungo la pista e altri stavano arrivando. Altri dieci elicotteri si trovavano su un prato vicino. Il parcheggio per le auto era pieno di enormi pick-up e suv.
Tra gli stand, c’erano anche quelli delle grandi banche del paese”. Un’immagine che stride con la concezione classica di rifugiato, osserva il giornalista. “Gli agricoltori bianchi sudafricani e i funzionari del settore agricolo intervistati a Nampo hanno parlato apertamente delle sfide che loro e il settore devono affrontare, respingendo le assurde affermazioni di persecuzione, accaparramento di terre o ‘genocidio’ usate da Trump”.
“Che ne siano coscienti o meno, le persone che sono salite su quel volo per Washington sono state protagoniste di un grande spettacolo di supremazia bianca, messo in scena dal presidente degli Stati Uniti e dai suoi seguaci”, scrive Richard Poplak sullo stesso sito. “I nuovi rifugiati bianchi non sono altro che ingranaggi della macchina della distrazione”. I rifugiati veri sono altri, e sono tanti: un anno fa erano almeno 122 milioni in tutto il mondo. Ma le loro storie sono molto diverse da quelle delle circa cinquanta persone che hanno preso un aereo per Washington il 12 maggio.
Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.
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