Il 10 giugno la corte suprema argentina ha confermato la condanna in via definitiva a Cristina Fernández de Kirchner, che dovrà scontare sei anni di carcere e sarà interdetta a vita da ogni carica pubblica. L’accusa è di corruzione e illeciti ai danni dello stato durante i suoi mandati presidenziali, dal 2007 al 2015, quando avrebbe concesso appalti milionari a Lázaro Báez, un imprenditore e amico di famiglia per realizzare decine di opere pubbliche nella provincia meridionale di Santa Cruz, dove il marito Néstor Kirchner, morto nel 2013, ha governato per più di dieci anni e dove Fernández ha ancora la residenza. Visto che ha più di 70 anni, l’ex presidente ha il diritto di scontare la pena agli arresti domiciliari, ma questo non cambia il dato più importante della sentenza: la figura più influente della vita politica argentina degli ultimi vent’anni non potrà più candidarsi a nessuna elezione.

Ascolta | La puntata del podcast Il Mondo sulla condanna di Cristina Kirchner

Il suo piano di correre a ottobre per un seggio come deputata per la provincia di Buenos Aires, e quindi di ottenere l’immunità parlamentare, è saltato. Fernández, che si ritiene vittima di una persecuzione politico-giudiziaria con lo scopo di estrometterla dalla vita istituzionale del paese, dovrà rispondere anche a un’altra accusa di corruzione, nel caso Hotesur-Los Sauces: quella secondo cui Báez avrebbe trasferito milioni di pesos ai Kirchner tramite l’affitto di camere nei loro hotel nella città patagonica di El Calafate, come compenso per gli appalti pubblici milionari assegnati alla sua azienda, l’Austral Construcciones.

Nel frattempo la sentenza della corte ha sollevato reazioni forti tra i sostenitori e gli avversari di Cristina Fernández, che ha ricevuto messaggi di solidarietà da alcuni leader latinoamericani, in particolare dal presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva. Il leader della sinistra brasiliana e punto di riferimento di quella latinoamericana è entrato in carcere nell’aprile 2018 e ha trascorso in una cella di quindici metri quadrati 580 giorni per una condanna di corruzione, che poi è stata annullata.

Sul social network X Lula ha scritto: “Ho telefonato alla compagna Cristina Kirchner e le ho manifestato tutta la mia solidarietà, dicendole quanto è importante che si mantenga stabile in questo momento difficile. E ho notato con soddisfazione fino a che punto, nonostante la situazione avversa, sia serena e determinata a continuare a lottare”. Parole di vicinanza sono arrivate anche dal leader colombiano Gustavo Petro, secondo cui oggi, “dopo trent’anni, la primavera democratica latinoamericana è in pericolo”, e dalla presidente del Messico Claudia Sheinbaum, che in conferenza stampa ha definito la condanna di Kirchner “una questione soprattutto politica”.

Manifestazioni a favore di Cristina Fernández de Kirchner ci sono state nelle principali città argentine, ma quelle di Buenos Aires sono state particolarmente partecipate. L’11 giugno l’ormai tradizionale protesta dei pensionati, che tutti i mercoledì scendono in piazza contro il governo di Javier Milei e per chiedere un aumento delle pensioni, ha accolto decine di nuovi manifestanti contrari alla sentenza della corte suprema.

C’erano cittadini comuni, medici e docenti delle università pubbliche, che subiscono i pesanti tagli imposti dal presidente ultraliberista, dirigenti peronisti ed esponenti dei movimenti sociali. Vista l’impossibilità di raggiungere il congresso a causa di un cordone delle forze di sicurezza, i manifestanti si sono diretti verso la Casa Rosada, a plaza de Mayo, dove ha sede il governo. Alcuni atenei sono stati occupati e le scuole secondarie stanno valutando le prossime azioni da compiere. Dal canto loro i sindacati vogliono organizzare una grande manifestazione nei prossimi giorni.

Sulla stampa argentina, da sempre molto polarizzata, ci sono pochi commenti alla sentenza. Il giornalista Carlos Pagni, scrivendo sul quotidiano conservatore La Nación, sottolinea che “in un momento storico di profonde trasformazioni, la corte suprema ha dimostrato di non aver perso la capacità di stabilire dei limiti e che tutti sono uguali davanti alla legge, se delinquono”. Soprattutto, la sentenza avrà delle conseguenze politiche imprevedibili: “Dal momento che Cristina Kirchner è la principale leader dell’opposizione, a cui le inchieste assegnano circa il 30 per cento delle intenzioni di voto, la sua esclusione dalla vita pubblica inaugura un periodo dagli effetti misteriosi”, con il rischio di inasprire ancora di più un clima già teso.

Su Revista Anfibia il sociologo Esteban De Gori parla della debolezza e della frammentazione del peronismo, principale contraltare al potere del governo, e scrive che Kirchner non solo è stata abbandonata dal potere giudiziario, ma a poco a poco è rimasta orfana dei settori dello stato che potevano proteggerla. La sua condanna, quindi, dimostra “la debolezza del peronismo e il suo distacco da istituzioni che ha contribuito a consolidare e da un elettorato in fuga verso altri partiti”. In attesa di capire come si riorganizzerà l’opposizione, per Milei l’esclusione di Kirchner dalla vita politica è una buona notizia.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it