Il 4 novembre i candidati del Partito democratico hanno vinto una serie di elezioni locali, le più importanti da quando Donald Trump è tornato alla Casa Bianca. La maggior parte dei giornali statunitensi e internazionali interpreta i risultati come la prima dimostrazione di forza dell’opposizione e un segnale allarmante per la popolarità del presidente.
L’elezione di cui si parla di più è quella per il sindaco di New York. Ha vinto Zohran Mamdani, candidato progressista che è riuscito a costruire una coalizione trasversale – composta in particolare da molti elettori giovani solitamente scettici verso la politica – puntando su un programma che mira ad aiutare soprattutto le persone colpite in questi anni dall’aumento del costo della vita. Mamdani ha battuto nettamente Andrew Cuomo, ex governatore dello stato, e sarà il primo sindaco musulmano della storia della città, oltre che il più giovane da almeno un secolo (ha 34 anni).
In un lungo editoriale, il New York Times scrive che per trasformare l’entusiasmo elettorale in in programma di governo concreto, il futuro sindaco dovrà evitare di commettere gli errori che in passato hanno compromesso le amministrazioni progressiste a New York, San Francisco, Portland e in altre città da tempo governate dal Partito democratico. Questo vuol dire, secondo il giornale, avere un atteggiamento realista e mettere da parte l’ideologia.
La prima grande sfida è l’edilizia: “New York soffre una cronica carenza di alloggi a prezzi accessibili, aggravata dal fatto che per decenni si è limitata la possibilità di costruire”, sostiene il quotidiano newyorchese. La seconda sfida riguarda i trasporti. Mamdani ha promesso di rendere gratuiti i trasporti pubblici, ma dovrà trovare un equilibrio tra inclusione sociale e la sostenibilità finanziaria. La terza è la sicurezza pubblica: nonostante il calo dei reati, la percezione di insicurezza tra i cittadini resta alta. Mamdani, critico in passato verso la polizia, dovrà ricostruire la fiducia con le forze dell’ordine e potenziarle, mantenendo però un approccio umano che preveda anche il rafforzamento dei servizi sociali.
Una delle questioni più importanti, sostiene il giornale, sarà l’istruzione: il sindaco dovrà migliorare la qualità delle scuole pubbliche e dei programmi per l’infanzia mettendo da parte le battaglie ideologiche. “Infine, dovrà affrontare il tema dell’economia e del lavoro, convincendo imprese e investitori che la sua visione socialista può coesistere con un’economia dinamica”.
Il sito The Intercept scrive che votando per Mamdani i newyorchesi hanno anche rifiutato i pregiudizi contro i musulmani, ancora radicati in città dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001 e riaccesi dopo l’inizio della guerra nella Striscia di Gaza, e la strumentalizzazione dell’antisemitismo. Durante la campagna elettorale il candidato è stato spesso accusato di antisemitismo per via delle sue critiche al governo israeliano.
Conseguenze nazionali
Ma la vittoria di Mamdani sembra andare oltre le questioni locali. Il sito Axios nota che nel suo primo discorso dopo la vittoria, Mamdani si è rivolto direttamente a Trump, che il giorno delle elezioni lo aveva definito un “comunista” e “odiatore di ebrei”, e aveva fatto capire di essere disposto a tagliare i fondi federali alla città in caso di vittoria del candidato democratico. Nelle ultime settimane il presidente ha lanciato un’offensiva contro le città governate dal Partito democratico – Chicago, Los Angeles, Portland – e ci si aspetta che da gennaio, quando si insedierà il nuovo sindaco, prenda di mira anche New York.
I commentatori si chiedono se il successo di Mamdani possa mostrare al Partito democratico statunitense, oggi molto impopolare nel paese, la strada per recuperare consensi. Secondo The Nation, “i democratici, a livello statale e nazionale, devono analizzare con attenzione la vicenda di Mamdani. Insieme a Bernie Sanders, ad Alexandria Ocasio-Cortez e ai loro alleati, il nuovo sindaco ha una prospettiva capace di rinnovare un Partito democratico che finora si è rifiutato di cambiare e di abbracciare le grandi idee in grado di ispirare gli elettori in cerca di un’alternativa alle false promesse del trumpismo. Questo non significa che ogni candidato democratico nel 2026 dovrà adottare tutte le posizioni di Mamdani, ma bisognerebbe incanalare la sua energia e il suo coraggio”.
L’Economist invece invita alla cautela sulle implicazioni nazionali del successo di Mamdani, sostenendo che il risultato è frutto anche del carisma e dell’abilità del candidato, difficile da replicare in altri contesti, del fatto che l’elettorato di New York è molto più progressista che nel resto del paese e che il principale sfidante, Cuomo, era un candidato debole.
Secondo il settimanale britannico sono più interessanti i risultati delle elezioni per i governatori in New Jersey e Virginia, vinte da due candidate del Partito democratico, Mikie Sherrill e Abigail Spanberger. “In Virginia Spanberger ha strappato il ruolo di governatrice ai repubblicani, superando di circa sei punti il margine ottenuto alle presidenziali da Kamala Harris, grazie a un messaggio centrato su pragmatismo e sicurezza. Entrambe, ex parlamentari con esperienza nella sicurezza nazionale, hanno evitato le battaglie ideologiche, offrendo un’immagine di competenza e moderazione”.
Il loro successo, sostiene l’Economist, conferma che, fuori dalle metropoli più progressiste, l’elettorato premia i candidati democratici moderati, concreti e credibili, evidenziando l’impopolarità di Donald Trump. Questo dovrebbe dare fiducia al Partito democratico in vista delle elezioni di medio termine.
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