Q uando si presenta l’occasione d’incontrare Yoshiyahu Yosef Pinto è meglio non lasciarsela scappare. È un uomo avvolto dal mistero, e raramente appare sui mezzi d’informazione. Ha legami con uomini potenti. Alcuni gli chiedono consigli. Altri vogliono passarci del tempo insieme perché lo considerano un erudito. È eclettico. Con lui si può parlare di tutto, o quasi: affari, religione, società. Pur di ottenere pochi minuti del suo tempo molti sono disposti a raggiungerlo su uno yacht al largo della costa californiana, nella sua villa di Casablanca o in un grattacielo di New York.
Pinto frequenta persone importanti. Sfogliando la sua rubrica, troverete alla lettera D il nome di Patrick Drahi, il miliardario franco-israelo-marocchino proprietario della compagnia di telecomunicazioni Sfr, del giornale Libération e della rivista L’Express: tutte aziende che fanno capo al gruppo Altice, che ha un valore di mercato di cinque miliardi di euro. Di recente Drahi è andato a Casablanca, dov’è nato, per incontrare quello che i più intimi chiamano affettuosamente Rav, diminutivo di rabbino.
Qualche pagina più in là nella rubrica, alla lettera E, c’è il nome di Eduardo Elsztain, considerato da molti il grande capo del settore immobiliare argentino. Per vedere la sua guida spirituale si è imbarcato su un jet privato, in piena pandemia, e ha attraversato l’Atlantico, solo per trascorrere mezza giornata a Casablanca al fianco di Pinto, prima di tornare a casa.
Alla lettera L vi sorprenderà leggere il nome della superstar del basket LeBron James. In un pomeriggio del 2010 pur d’intrattenersi con il rabbino il quattro volte campione dell’Nba ha preferito uno yacht al campo da basket. Il loro dialogo spirituale si è concluso con una donazione a favore della fondazione di Pinto. I collaboratori di Yoshiyahu Pinto sostengono che nella comunità ci sono figure “del congresso degli Stati Uniti e del Cremlino”, oltre che dei funzionari dell’Unione europea a Bruxelles. Il rabbino dice di frequentare anche dei capi di stato.
La comunità dei suoi fedeli è nutrita. Pinto parla di 150mila persone. Ma alcuni eventi organizzati da lui e diffusi in rete a volte ne hanno riunite più di un milione. Per chi ha la possibilità d’incontrarlo in carne e ossa, la procedura è sempre la stessa. Il rabbino tiene con fermezza la mano dell’ospite nella sua e si esprime in ebraico, anche se da vent’anni frequenta regolarmente gli Stati Uniti e capisce bene il darija, l’arabo marocchino. Alcuni hanno bisogno di un traduttore. Ma tutti alla fine dell’incontro sembrano meravigliati, talvolta sorpresi. “È circondato da un’aura mistica, un vero e proprio magnetismo. Ed è capace di fare grandi cose per il Marocco”, confida un suo collaboratore.
Finita la chiamata, racconta: “Il tempo che ho passato in prigione è uno dei momenti migliori della mia vita”
Pinto dice di condividere un antenato con Gesù, perché sostiene di discendere da una figura mitica della Bibbia: il re David, il giustiziere di Golia. Un po’ come i musulmani che affermano di discendere dal profeta Maometto. Resta il fatto che, sia per parte di padre sia per parte di madre, Yoshiyahu Yosef Pinto viene da una dinastia di rabbini elevati al rango di santi. Vicino a Essaouira, la tomba del rabbino Haim Pinto attira ogni anno i pellegrinaggi della comunità ebraica. Tra le persone influenzate da Haim Pinto c’è Jared Kushner, il genero di Donald Trump, che Yoshiyahu Pinto ha incontrato più volte.
Instagram e jet privati
Il rabbino può inoltre fare affidamento sull’organizzazione che ha fondato, la Shuva Israel, che raccoglie una sessantina di yeshivah (centri dove si studiano la torah e il Talmud) aperti dal rabbino in tutto il mondo. Queste scuole diffondono la sua concezione della religione ebraica da Israele agli Stati Uniti, passando da Casablanca, dove Shuva Israel ha aperto la sua ultima yeshivah. Come dice Pinto, una nuova “via” per la religione ebraica.
Shuva Israel è un’organizzazione tentacolare. Nel suo quartier generale di New York si raccolgono ogni anno centinaia di milioni di dollari di donazioni, versati dai discepoli del rabbino. Basta questo per spiegare il suo lussuoso stile di vita, immortalato dagli spostamenti in jet privato su Instagram? “È semplice: per alcuni discepoli è inconcepibile vivere in maniera più lussuosa di lui. Vogliamo dargli il meglio”, confida un suo collaboratore. La baraka (benedizione ebraica) del rabbino è nota a tutti, e in tutti i continenti. Si dice che una lunga processione si formasse regolarmente davanti a una delle sue case, nel lussuoso quartiere di Beverly Hills, a Los Angeles. In fila c’erano persone che volevano offrire somme di denaro e ottenere così la sua benedizione per le loro future attività.
Ma nella vita del rabbino ci sono anche lati oscuri. Nel 2016 è stato condannato a dieci mesi di prigione in Israele, in seguito alle denunce di corruzione di un funzionario di polizia. Pinto si è dichiarato colpevole e ha scontato tutta la sua pena (le richieste di scarcerazione per motivi di salute non sono state accettate).
Ora vive in Marocco e si dice cambiato dall’esperienza in carcere, e due anni dopo che il re Mohammed VI l’ha nominato presidente del tribunale rabbinico, la più alta autorità ebraica in Marocco, è pronto a confidarsi. Ma prima, vuole conoscermi. Fissiamo l’appuntamento nella sua residenza a Casablanca, in un quartiere signorile della città. Davanti alla casa le automobili di lusso sono parcheggiate una accanto all’altra, nonostante le strisce gialle che segnalano il divieto di parcheggiare sul marciapiede.
◆ 1973 Nasce in Israele. È nipote del rabbino Haim Pinto.
◆ 2012 La rivista Forbes Israel lo definisce uno dei dieci rabbini più ricchi d’Israele.
◆ 2016 È condannato per corruzione da un tribunale israeliano e finisce in prigione.
◆ 2017 Si trasferisce in Marocco.
◆ 2019 È scelto da re Mohammed VI come capo della comunità ebraica marocchina, formata da almeno duemila persone.
In strada sono riuniti alcuni giovani studenti della yeshivah di Casablanca. Sono venuti dagli Stati Uniti e dall’Europa per studiare la torah al fianco del rabbino. Kippah in testa, la loro gioia è evidente, quasi travolgente. Di lì a pochi minuti, avranno diritto a un corso tenuto da Pinto. Dopo qualche minuto d’attesa, entro in giardino. “Benvenuto carissimo fratello”, mi dice stringendomi la mano senza lasciarla andare. “Sono felicissimo di vederti”, aggiunge. È un uomo esile. La sua voce e i suoi gesti sono dolci e calorosi.
Dopo una breve chiacchierata, mi dà un altro appuntamento per l’intervista, che si svolge nel salone dove il rabbino tiene i suoi corsi. Indossando i suoi occhiali con la montatura tartarugata, si siede su un divano. Il colloquio può cominciare. Il registratore è acceso. Ma il telefono squilla. “Scusami, fratello, ho una chiamata da New York. Puoi darmi due minuti?”.
Finita la chiamata, racconta: “Lascia che ti parli del mio primo incontro con il re Mohammed VI. Nella mia vita ho conosciuto molti capi di stato e alcuni di loro mi considerano un amico. Vedendo Mohammed VI, ho notato una luce divina sul suo viso. Non ho mai vissuto un momento spirituale così intenso”. Il sovrano marocchino ricambia la sua stima, a quanto pare. Nel 2019 il re, la più alta autorità dell’islam nel paese, ha nominato Pinto capo della comunità ebraica marocchina, che secondo le stime va dalle duemila alle quattromila persone ed è la più importante nel mondo arabo.
Dinastia di rabbini
Pinto si rifiuta di parlare del suo patrimonio. Assicura che i soldi “non contano nella vita” e che i jet privati su cui viaggia sono solo “prestiti” dei suoi discepoli. Sulla condanna per corruzione in Israele dice: “Il tempo che ho passato in prigione è uno dei momenti migliori della mia vita. Se dovessi rivivere quel periodo dietro le sbarre, lo rivivrei”, ma respinge ogni accusa. “La mia condanna ha una motivazione politica, che può essere spiegata dal potere della mia yeshivah. In Israele tutti quelli che hanno potere devono affrontare la giustizia. Basta guardare l’esempio di Ehud Olmert (ex primo ministro condannato per tangenti) e Benyamin Netanyahu (l’attuale primo ministro sotto inchiesta per frode e corruzione)”.
Guru, uomo d’affari, uomo di potere. Yoshiyahu Pinto è molto più di un semplice rabbino. ◆ ff
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Questo articolo è uscito sul numero 1409 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati