Dovunque l’intelligenza artificiale esprima il suo potere, spesso il cambiamento è dietro l’angolo. E in nessun altro campo sembrerebbe più imminente che nell’istruzione. Recentemente grandi aziende del settore come Google, OpenAi e Anthropic hanno presentato dei programmi che in futuro dovrebbero rendere lo studio più facile, veloce e leggero. L’idea di base è la stessa: un apprendimento personalizzato grazie ai tutor basati sull’intelligenza artificiale (ia). E un miliardario texano sogna addirittura di rendere superflui gli insegnanti. Quello sì che sarebbe un cambio di paradigma.
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Se non fosse che una rivoluzione nelle classi è stata invocata più volte, ma non si è mai concretizzata. I Massive open online courses (Moocs) avevano promesso l’accesso per tutti ai migliori esperti e insegnanti, e avrebbero dovuto trasformare radicalmente le università. Non è andata così, esattamente come la diffusione di computer e tablet nelle aule non ha messo il turbo all’insegnamento. Eppure stavolta ci si aspetta qualcosa di diverso.
In un edificio nel quartier generale di Google a Mountain View, in California, il sole filtra attraverso grandi finestre. Nella sala riunioni, la product manager Nupur Jain presenta l’ultima novità: Guided learning, il sistema di apprendimento guidato per studenti o per chiunque debba o voglia imparare un argomento da zero.
Il programma si basa su Gemini, il modello linguistico ia di Google. Ma se Gemini, come il suo concorrente ChatGpt, si limita a fornire risposte, Guided learning dovrebbe incoraggiare gli utenti a imparare. “Cerchiamo di creare momenti di illuminazione”, dice Jain, “che facciano venire voglia di scoprire di più”. Secondo lei il punto non è tanto il cosa ma il perché e il come. Il programma non dovrà sembrare il capitolo di un libro di scuola, ma un tutor simpatico e intelligente che ti chiede: “E tu cosa ne pensi?”.
Si può testare il proprio livello di conoscenze in ogni momento. Jain offre una dimostrazione chiedendo al software di farle cinque domande, alle quali risponde sempre correttamente. Allora il sistema sceglie un argomento di cui lei non sa niente. A quel punto valuta le lacune da colmare e produce schede didattiche mirate.Il software non personalizza solo il ritmo, ma anche il metodo e si adatta allo stile di ogni utente. Preferisce leggere o vedere video su YouTube? Vuole ascoltare subito contenuti raccolti da varie fonti in forma di podcast? Tutto è possibile.
“L’importante è apprendere con successo”, dice Jain. Le persone devono imparare a imparare, essere attive, rimanere motivate. Se vogliono cambiare argomento va bene, se hanno bisogno di una pausa anche. Il messaggio del sistema, messo a punto con il contributo di insegnanti, pedagoghi e studenti, è: dipende da te.
Ovviamente nella Silicon valley non si lavora a un simile progetto per puro altruismo. Le aziende dell’ia competono per conquistare gli studenti di oggi. Poco prima che Google presentasse Guided learning, OpenAi ha messo a disposizione gratuitamente una modalità “studio” su ChatGpt, mentre Anthropic ha introdotto un’opzione simile per il suo sistema Claude.
Con questi tentativi, le “tre grandi” reagiscono anche a un problema creato dai loro stessi modelli: l’appiattimento dell’apprendimento. Se qualcuno chiede all’ia di fare i compiti al posto suo, non imparerà molto, a parte a usare il programma. Lo conferma uno studio del Massachusetts institute of technology (Mit) pubblicato a giugno: chi usa ChatGpt per scrivere un elaborato dimostra una minore interazione tra le aree del cervello e tende a dimenticare in fretta le informazioni.
Ma si può studiare con l’ia anche in modo intelligente. Una rassegna di ricerche pubblicata su Nature ha rilevato che usare ChatGpt può migliorare il livello complessivo dell’apprendimento. La tecnologia dovrebbe essere usata come “tutor intelligente, compagno di studio e materiale didattico”, sostengono gli autori.
Due ore di lezione
Sciocchezze, commenta il ricercatore dell’Mit Justin Reich. Fin dall’invenzione della radio ci si è sempre aspettati che le nuove tecnologie rivoluzionassero il modo di imparare. “La verità è che non hanno cambiato le scuole”, dice. L’ia può essere utile in alcuni casi, ma negli istituti privati esistono già programmi individuali. Adattarsi a stili diversi non produrrebbe effetti positivi, come suggerisce uno studio del 2010. Inoltre le scuole dovrebbero educare i bambini a essere cittadini di una comunità, e per questo è importante imparare e discutere insieme.
Ma i colleghi di Reich sono tutt’altro che unanimi. Ralph Müller-Eiselt dirige il Forum sulla digitalizzazione dell’istruzione a Berlino e pensa che il programma di Google sia un passo avanti: “L’intelligenza artificiale rende possibile l’apprendimento personalizzato su una scala completamente nuova”. Può migliorare il ritmo e i risultati, alleggerire il carico di lavoro delle scuole e perfino garantire una maggiore inclusione, a patto che tutti vi abbiano accesso. Poi però aggiunge che questo in Germania sarebbe difficile: metà dei dirigenti scolastici non considera la digitalizzazione una priorità, e due terzi degli insegnanti non si sentono sicuri a usare l’ia. I genitori vorrebbero più tecnologia, ma allo stesso tempo hanno paura che i figli la usino principalmente per imbrogliare. Nel paese manca soprattutto un obiettivo comune per la trasformazione digitale.
Le aziende californiane offrono gratuitamente le ultime versioni dei loro programmi. In Germania, per esempio, gli studenti possono provare il sistema di Google per un anno. Ma questo da solo non basta, anche perché gli utenti possono passare in qualsiasi momento dalla modalità studio a quella normale. Se l’uso dell’ia non sarà guidato dalle scuole, le disuguaglianze nel sapere rischiano di aumentare.
Negli Stati Uniti Google lavora da tempo con le scuole pubbliche, soprattutto in Florida, dove più di mille insegnanti hanno seguito un corso sulle opportunità dell’ia. Ma a far parlare di sé è soprattutto la Alpha school di Austin, in Texas.
Questo istituto privato è stato fondato nel 2014 dalla psicologa MacKenzie Price, preoccupata perché sua figlia si annoiava a lezione. Al centro c’è un sistema di ia che accompagna i ragazzi nello studio individuale. Per due ore al giorno ci si dedica alla matematica, all’inglese o alla storia, poi l’apprendimento in senso classico finisce. Dopo pranzo i bambini lavorano in gruppi attraverso il gioco per rafforzare le loro “competenze sulla vita e sul futuro”, dall’interazione sociale all’uso delle tecnologie o alla gestione dei soldi. Compiti a casa? Niente.
Attraverso dei quiz il software valuta il livello di conoscenza di ogni studente, che può variare molto rispetto alla media. Se un alunno di quinta ancora non padroneggia nozioni di base della terza, dovrà prima di tutto cimentarsi con quelle. Per superare il test è necessario rispondere correttamente almeno al 90 per cento delle domande. Gli studenti vengono filmati mentre stanno davanti allo schermo e l’andamento della loro attenzione è stato analizzato in modo che l’ia possa creare dei piani di studio personalizzati. Per i più giovani, questi piani possono includere anche storie che coinvolgono i loro supereroi preferiti, racconta la fondatrice. Solo un bambino su cinque è interessato spontaneamente a imparare, ma tutti gli altri possono essere motivati. “Se un alunno non sboccia è colpa nostra”.
Con una retta annuale di quarantamila dollari, la scuola di Price non è per tutte le famiglie. Ma anche chi ha un reddito normale può provare un sistema simile a un prezzo più conveniente. Le Alpha schools si sono diffuse dalla Florida alla California. Hanno ricevuto molte critiche: i loro risultati non sono stati ancora confermati da altri studi, e molto dipende dalla qualità delle “guide”, il personale ben pagato che a Austin segue gli alunni per tutto il giorno.
Il pioniere dell’ia e miliardario Joe Liemandt è il rettore della scuola, e sta sviluppando un software che dovrebbe rendere l’apprendimento rapido alla portata di tutti. “In due ore vostro figlio può acquisire competenze universitarie”, ha annunciato in un podcast. Per imparare davvero ormai non serve più un insegnante, basta un tablet. È questo il futuro?
Collaborare è la chiave
Nella sala riunioni di Mountain View, Ben Gomes prende il posto di Jain. Gomes è cresciuto in India e lavora a Google dal 1999. Quando era studente era rimasto colpito da un insegnante di chimica particolarmente stimolante, e si è chiesto come suscitare la stessa ispirazione nelle masse indiane, racconta. Poi ha trovato la risposta: con la tecnologia.
Gomes è cauto rispetto alle preoccupazioni sull’ia. A decidere se il progetto avrà successo saranno le scuole, a cui Google offre strumenti e corsi. Gli insegnanti possono rapidamente constatare i vantaggi da sé. Spetterà a loro valutare quali applicazioni funzionano meglio prima che entri in gioco la politica.
A proposito delle Alpha school e dei software di apprendimento da due ore per tutti, Gomes risponde: “Crediamo fermamente nel ruolo degli insegnanti”. Le persone imparano da altre persone. “La collaborazione è l’unico modo per sviluppare prodotti ed esperienze che aiutino veramente studenti e insegnanti”, dice. Se le cose miglioreranno nel mondo reale, dipenderà dalle persone. ◆ nv
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Questo articolo è uscito sul numero 1635 di Internazionale, a pagina 44. Compra questo numero | Abbonati