Dall’aprile 2023 il governo giapponese offre alle famiglie che si trasferiscono dall’area metropolitana di Tokyo alle zone rurali del paese un milione di yen per ogni figlio, 6.213 euro. L’iniziativa, inclusa nel Garden city nation project del primo ministro Fumio Kishida, è una risposta alle sfide del Giappone legate all’urbanizzazione delle città e al calo della popolazione e dei tassi di fecondità. La misura si aggiunge ad altri incentivi, come un sussidio di un milione di yen per chi lavora nelle zone rurali e altri due milioni (12.466 euro) per avviare una nuova attività.

L’esecutivo spera che gli incentivi, versati in contanti, riescano a convincere diecimila persone a lasciare l’area di Tokyo entro il 2027, alleviando così la pressione demografica sulla metropoli di 37 milioni di abitanti. A sei mesi dal lancio dell’iniziativa, però, non si osservano sviluppi significativi.

Dall’aprile 2023 il numero delle persone che lasciano la capitale è in diminuzione. A giugno dello stesso anno 45 prefetture su 47 hanno registrato un calo di nuovi residenti. Dunque, perché attuare un provvedimento che non funziona? L’inefficacia della misura potrebbe derivare da diversi fattori. Per ricevere gli incentivi, almeno una persona del nucleo familiare deve avviare un’attività nel nuovo luogo di residenza, trovare un impiego in un’azienda piccola o media o lavorare da remoto. Ma la struttura occupazionale in Giappone si basa sul lavoro in presenza e le opportunità di carriera sono concentrate a Tokyo.

L’impegno di Kishida a favore di uno sviluppo economico equilibrato sul territorio nazionale rappresenta più un gesto politico per le comunità rurali che una strategia per rispondere alle reali esigenze della forza lavoro giapponese.

È difficile, infatti, che entrambi i componenti di un nucleo familiare riescano a trovare un lavoro e a mantenere un tenore di vita paragonabile a quello che avevano in città. Nel 2022 il reddito medio mensile a Tokyo era di 375.500 yen (2.333 euro), contro i 247.600 yen (1.538 euro) della prefettura di Aomori, quella con il reddito più basso. Il milione di yen in contanti dell’incentivo spesso finisce in poco tempo, tra i costi per il trasferimento, la ricerca di una nuova casa, l’iscrizione dei figli a scuola e le attività educative.

Inoltre l’obbligo per le famiglie di vivere nello stesso luogo per cinque anni, pena la restituzione del denaro, ha un effetto deterrente. La mancanza di flessibilità rende difficile per le famiglie tornare a Tokyo nel caso perdessero il lavoro o avessero un’emergenza.

Rivoluzione culturale

Tuttavia, ci sono stati alcuni sviluppi positivi, in particolare a Okinawa, che nel 2023 ha attirato un numero crescente di nuovi residenti, grazie al clima tropicale, alla natura rigogliosa e a un ritmo di vita più lento: una buona combinazione per chi è stanco della vita frenetica di città.

Tra i giapponesi, comunque, è in atto un cambiamento culturale. Il Furusato kaiki shien center, un’organizzazione non profit di Tokyo che si occupa di sostenere le persone interessate a trasferirsi nelle zone rurali, ha registrato un forte aumento d’interesse negli ultimi anni. Nel 2021 il centro è stato contattato da quasi cinquantamila persone, mentre nel 2022 la cifra è aumentata del 29 per cento; il 70 per cento di questa quota ha tra i venti e i quarant’anni. Sono numeri che riflettono un desiderio diffuso di raggiungere un equilibrio migliore tra lavoro e vita privata, di dare un contributo alle comunità locali e di abbracciare uno stile di vita più salutare. Un cambiamento promettente per gli obiettivi che il governo si è posto con le nuove misure. Ma perché queste siano efficaci è necessaria una maggiore flessibilità. Dato che l’ostacolo principale al trasferimento delle famiglie è economico, oltre al versamento iniziale di un milione di yen il governo dovrebbe dare 50mila yen (310 euro) al mese per ogni figlio, considerando i costi medi mensili di mantenimento.

Alleviare le pressioni

Saranno fondamentali anche le agevolazioni fiscali, l’offerta di un ampio sostegno all’occupazione e la promozione di opportunità di lavoro a distanza. Alleviando le pressioni economiche e rimodellando la struttura delle aziende a Tokyo, si creerebbe un ambiente favorevole allo sviluppo delle zone rurali. L’interesse a trasferirsi fuori della capitale è comunque forte. Perciò è indispensabile ricalibrare il provvedimento allineandolo alle esigenze in evoluzione della popolazione giapponese. ◆ gim

Da sapere
Polarizzazione demografica

◆ Con il termine shōshikōreika in Giappone si indicano gli effetti combinati dell’invecchiamento della popolazione, della bassa natalità e dell’aumento della domanda di servizi sociali. Si calcola che entro il 2065 il paese perderà fino a un terzo della popolazione, arrivando a 88 milioni di persone, scrive Bloom­berg. A trasformare la società giapponese ci sono poi altri cambiamenti in atto: i giovani abbandonano in massa le zone rurali per trasferirsi nei grandi centri urbani, in particolare Tokyo e Osaka, dove si registra il minor numero di nascite del paese. Tokyo ha il tasso più basso, nonostante un reddito medio più alto e le maggiori opportunità di lavoro. Mancano però spazi e servizi per l’infanzia, e per molti lavoratori nelle metropoli i ritmi sono estenuanti. Con la diminuzione dei giovani e il numero crescente di anziani, si calcola che di questo passo 869 municipalità – quasi la metà del totale – rischiano di scomparire entro il 2040. L’impatto di questa polarizzazione demografica è già evidente nei milioni di case e terreni abbandonati in giro per il paese.


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Questo articolo è uscito sul numero 1550 di Internazionale, a pagina 30. Compra questo numero | Abbonati