I l lavoro di Anthony Rahayel si basa su una premessa semplice che nel corso degli anni ha ripetuto in centinaia di video pubblicati in rete: “Il Libano è il paese più bello del mondo”. L’affermazione poteva sembrare azzardata già in passato. Oggi, con il paese colpito dalla crisi finanziaria e ancora scosso dalla devastante doppia esplosione nel porto di Beirut, può sembrare un’affermazione grottesca.
In realtà le opinioni di Rahayel sono volutamente fuori dal coro rispetto al modo in cui tutti vedono il Libano. Rahayel è un inguaribile ottimista e si considera un ambasciatore del vero Libano, quello che, come dice lui, “in tv e nei mezzi d’informazione non si vede”.
Guardando i suoi video su YouTube e leggendo le sue recensioni sul blog si scopre effettivamente una prospettiva molto originale: nonostante tutto, la possibilità che il Libano diventi una meta turistica potrebbe presto realizzarsi; lo spirito comunitario dei libanesi sta prendendo il sopravvento sulla degradante politica nazionale; soprattutto le pietanze sono servite nel modo ideale, né troppo calde né troppo fredde, né troppo salate né troppo dolci.
Per migliaia di libanesi che lo seguono regolarmente, i video di Rahayel sono una via di fuga dal dolore causato dalla rovina del paese, o quantomeno un sollievo momentaneo dalle loro sofferenze quotidiane. Per i libanesi della diaspora, invece, le escursioni quotidiane del blogger alimentano il desiderio di sapori e odori familiari, offrendo una versione addolcita del paese.
Rahayel incarna alcuni luoghi comuni sui libanesi, tra cui la loro capacità di superare ostacoli insormontabili e lo spirito creativo e imprenditoriale. Non è un ribelle e non gli interessa la politica. Eppure da quelle parti la vita è diventata così dura che il suo modo di raccontare il Libano, “il paese più bello del mondo”, sembra già una critica allo stato delle cose. Oggi è impossibile apprezzare la cucina, la natura e la storia di questo paese senza rammaricarsi per i leader politici inetti che ne minacciano la sopravvivenza. Nel racconto delle bellezze locali di Rahayel è implicito un invito a reagire. Tutto questo lo rende un protagonista improbabile della lotta per il futuro del Libano. “Perché lo faccio? Mi entusiasma. È una missione, una passione. Voglio trasformare il Libano in un posto migliore diffondendo sentimenti positivi”, spiega.
Originario di Achrafieh, un quartiere orientale di Beirut, Rahayel ha passato gran parte dell’infanzia nel villaggio di Feytroun, sulle montagne, 33 chilometri a nord della capitale. Nato nel 1983, all’apice della guerra civile, andava a scuola e giocava tra boschi fitti e rocce calcaree. Da bambino frequentò i boy scout, e oggi pensa che la sua passione per il cibo, la natura e la storia sia nata in quelle lunghe giornate estive in montagna e nelle sere attorno al fuoco.
Il nonno di Rahayel era un dentista, così come suo padre. Anche Rahayel ha svolto per circa dieci anni questa professione prima di seguire la passione per la cucina.
Nonostante tutto quello che il suo paese ha passato, Rahayel dice: “Il 2020 è stato l’anno migliore della mia vita”
Recensioni oneste
Nel 2012 Rahayel ha lanciato No garlic no onions (no aglio no cipolla), un blog di recensioni gastronomiche il cui nome deriva dalla sua allergia all’aglio e alla cipolla, due cardini della cucina levantina. “L’idea era quella di combattere la corruzione scrivendo recensioni oneste, mentre tutte le altre erano a pagamento”, ha raccontato in un’intervista.
Nel 2014 ha cominciato a fare delle recensioni in video e ha deciso di mettersi ai fornelli, prendendo esempio dagli chef che si cimentavano con pietanze tradizionali che la maggior parte dei libanesi aveva visto preparare solo dalla propria madre o dalla nonna. Con il suo sorriso contagioso e il viso rotondo, Rahayel ha definito la cucina libanese “la migliore del mondo”, ha chiamato “eroi” tutti quelli che preparano le ricette libanesi e ha invitato i suoi connazionali ad andare fieri di quello che offre il loro paese. Rahayel portava avanti la sua missione, e intanto la guerra in Siria sconfinava in Libano, con bombardamenti e scontri tra sostenitori e avversari del regime siriano di Bashar al Assad. Mentre il pubblico dei suoi video cresceva, Rahayel ha lanciato una serie d’iniziative che portavano le persone da una parte all’altra del paese, spesso attraversando i confini che separano le influenze politiche e religiose, per esempio fra Tripoli, roccaforte dei sostenitori della rivoluzione siriana, e Baalbek, i cui abitanti hanno combattuto a centinaia al fianco di Hezbollah per sostenere il regime di Assad. Nei video però il blogger parlava poco di politica e molto di cucina.
Nel 2016 Rahayel ha attraversato diversi posti di blocco dell’esercito per raggiungere la città nordorientale di Aarsal, la cui periferia era occupata dai gruppi armati del gruppo Stato islamico e di Jabhat Fateh al Sham. “Indossavo una giacca Ferrari”, racconta Rahayel con un sorriso. “Quella sera sono finito al telegiornale. Mi hanno chiesto cosa avevo visto. Ho risposto ‘manāqīsh’”, dice, riferendosi alle tradizionali focacce levantine condite con timo o formaggio. “Mi hanno chiesto ‘hai visto qualcuno sparare?’ e ho risposto ‘ho incontrato persone fantastiche’. Cercavano di farmi dire cose negative, ma continuavo a rispondere in modo positivo”.
Il vero Libano
Nel 2018 Rahayel ha smesso di fare il dentista e si è concentrato sulla cucina e sul blog. Ogni giorno si sveglia alle cinque del mattino e guida per tutto il paese. Raramente torna a casa prima che faccia buio. “Non si può amare qualcosa che non si conosce. La gente che sta sempre a Beirut non conosce bene il Libano”, commenta. Nel 2019 è stato premiato come blogger di cucina dell’anno in occasione dei World blogger awards di Cannes, in Francia, mentre nel 2020 ha ricevuto un riconoscimento come miglior esperto di cibo ai World bloggers awards. Rahayel considera entrambi i premi come vittorie per il Libano.
Mentre otteneva un successo dietro l’altro, il suo paese sprofondava sempre più in basso. Nell’ottobre del 2019 la crisi economica provocata da anni di corruzione e incompetenza ha innescato una rivolta nazionale per rovesciare l’intera classe politica. Durante le proteste ci sono stati scontri violenti, poi la pandemia di covid-19 ha fermato tutto. La moneta libanese ha perso più dell’80 per cento del suo valore rispetto al dollaro, e il tasso di povertà ha superato il 50 per cento. Secondo il Programma alimentare mondiale più di metà della popolazione del Libano non riesce a raggiungere la sicurezza alimentare. Le stime di Human rights watch parlano di milioni di libanesi a rischio di soffrire la fame.
Dopo l’esplosione
Un tempo i video di Rahayel trasmettevano un’immagine positiva del Libano, ma la negatività dell’ultimo anno e mezzo ha finito per fare breccia anche nei suoi filmati. In un video pubblicato l’estate scorsa, Rahayel si rivolge al proprietario di un piccolo panificio nella città costiera di Halat, chiedendogli di parlare della sua attività. L’uomo risponde con tono inespressivo e laconico: “Sono ancora aperto”. In un altro filmato il blogger intervista il proprietario ottantenne di un negozio tradizionale di ful e hummus, che gli racconta come il prezzo del burro sia triplicato. “Quando aumenta il tasso di cambio con il dollaro, aumenta anche il burro”, spiega l’anziano. Le porzioni che prepara per Rahayel sono più piccole rispetto al passato. Sul loro dialogo aleggia un dolore taciuto.
“La gente sta passando un momento molto duro”, ammette Rahayel, spiegando che la gravità della situazione lo spinge ancora di più a cercare di sollevare l’umore del suo pubblico. “Non mi scoraggio mai, dico sempre ‘qual è il prossimo passo?’. Cerco di vedere il bicchiere mezzo pieno, anche perché le persone mi dicono che se perdo la speranza, o lascio il paese, lo faranno anche loro”.
Il 5 agosto, all’indomani dell’esplosione che ha devastato il porto di Beirut uccidendo duecento persone, ferendone seimila e lasciandone 300mila senza casa, Rahayel si è presentato ai suoi fan in un modo che non avevano mai visto: ha cominciato a girare per Beirut in moto, trasmettendo in diretta la devastazione della sua città e mantenendo un insolito silenzio per un’ora e mezza.
Verso la fine della trasmissione è arrivato davanti a un edificio nel quartiere Achrafieh, ha preso l’ascensore e ha aperto la porta del suo ufficio. All’interno ha trovato un muro di vetro staccato dalla struttura in mattoni, in equilibrio molto precario.
Si è messo a piangere dietro la telecamera.“Non è possibile!”, ha detto osservando la sala principale attraverso un pezzo di soffitto crollato. La telecamera inquadrava finestre senza vetri, pavimenti coperti di schegge, un grande modellino di una barca a vela piegato su un lato e scaffali di metallo ribaltati. L’ufficio, espressione variopinta del suo carattere allegro, era completamente distrutto.
Poi Rahayel ha girato la telecamera per inquadrare il proprio volto. “Ora smetterò di registrare per scattare qualche fotografia. Forse continueremo più tardi e vi mostrerò il centro di Beirut. Ho bisogno di fermarmi e digerire quello che è appena successo. Ciao”. Dopo aver spento la telecamera ha trovato una piccola escavatrice giocattolo tra i detriti, l’ha messa vicino a un bulldozer giocattolo e ha scattato una foto. “Ho sentito che era il momento di ricostruire”, racconta.
Mangia e dai da mangiare
Il giorno successivo Rahayel era nel centro di Beirut per distribuire centinaia di manāqīsh alle persone in difficoltà nell’ambito della sua campagna di beneficenza Kol w taame, “mangia e dai da mangiare”. Gli sono arrivate molte donazioni, in gran parte dai suoi fan emigrati all’estero. Rahayel dice di aver distribuito aiuti per 850 milioni di sterline libanesi (circa 460mila euro). Grazie anche al contributo di sua moglie Nell, ha ricostruito il suo ufficio e l’ha mostrato nell’ultimo video del 2020. Sulla porta d’ingresso ha dipinto un sorriso, vicino a una targa con la scritta “quartier generale della felicità”.
◆ 1983 Nasce a Beirut, in Libano.
◆ 2012 Fonda il blog di cucina No garlic no onions.
◆ 2014 Comincia a fare recensioni video su piatti e ricette locali, per far scoprire le zone meno conosciute del paese.
◆ 2019 È premiato come blogger di cucina dell’anno ai premi World blogger awards di Cannes.
◆ agosto 2020 Dopo l’esplosione nel porto di Beirut gira un video per la città, mostrando la distruzione causata dall’onda d’urto.
Nonostante quello che il suo paese ha passato, Rahayel dice: “Il 2020 è stato l’anno migliore della mia vita, perché ho imparato tanto. È stata dura, ma sono riuscito a non lasciarmi abbattere. Ho continuato ad andare avanti”. Per mesi, dopo l’esplosione al porto, Al Jazeera ha seguito Rahayel e la sua squadra in un viaggio nella regione montuosa del Libano settentrionale, famosa per i suoi oliveti verde scuro. La giornata tipo di Rahayel di solito comincia con i manāqīsh, il suo piatto preferito, nel panificio Nakroucheh. I proprietari l’hanno aperto dopo aver perso il lavoro durante la crisi economica e il lockdown. “Eravamo tutti impiegati. Ora non c’è più lavoro. Preparavamo comunque questi cibi in casa, quindi abbiamo deciso di farli anche per la gente”, spiega la proprietaria, una donna di mezza età con occhi celesti e profondi. Da quando il negozio ha aperto, il costo delle materie prime è già cambiato diverse volte, costringendo i gestori a correggere continuamente i prezzi.
Qui Rahayel si trova nel suo elemento naturale. Accompagna il pane nel suo percorso dal banco di preparazione al forno, filmandone la lievitazione. Nel frattempo fa alcune domande alla proprietaria sui prodotti del panificio: piccoli impasti salati con zaatar (misto di spezie), formaggio o muhammara, una salsa di peperoni, noci e sciroppo di melograno; kaak, un pane al sesamo; e una grande focaccia ai cinque gusti che secondo Rahayel è “perfetta per Instagram”.
Oggi il vincitore è una pasta zuccherata a forma di calzone. Diversi strati di pasta vengono ricoperti di zucchero, strofinati con il ghee, il burro chiarificato, e piegati prima di essere infornati. Il prodotto finito ha un esterno croccante e caramellato che quando viene morso rilascia sciroppo appiccicoso in abbondanza. “Sentite com’è profumato”, sottolinea Rahayel mordendo il dolce nel sole del mattino, davanti al panificio.
Poi fa visita a un produttore di saponi tradizionali, tra i pendii del distretto di Koura, nel nord del paese. Resta affascinato dai mattoncini, disposti in una spirale simile a quella del dna, in attesa che s’induriscano. Rahayel porta i suoi spettatori in un’altra stanza e condivide con loro il suo entusiasmo per un vecchio armadio pieno di utensili arrugginiti, compresa una bilancia. Dal sapone all’olio d’oliva passa all’uliveto, felice di trovare l’apparecchio con il lungo braccio per scuotere gli alberi e far cadere meglio i frutti. “È una di quelle giornate…”, esclama emozionato, appoggiando il telefono sotto i rami per riprendere al rallentatore le olive mentre precipitano.
Più tardi, in un grande impianto per la produzione di olio d’oliva, Rahayel indossa i panni dell’uomo di spettacolo. Fingendo grande sorpresa, apre la porta e mostra un frantoio all’avanguardia. “Abbiamo davvero cose simili in Libano?”, dice meravigliato. “Voglio mostrare che possiamo fare qualsiasi cosa, voglio far conoscere questi eroi libanesi e fargli pubblicità gratis, cosa che nessun altro fa”, spiega Rahayel mentre aspetta che dalle olive esca l’olio verde brillante.
La strana coppia
All’ora di pranzo Rahayel si sposta in uno dei suoi luoghi preferiti, un modesto ristorante di pesce vicino alle saline abbandonate nello scenografico villaggio costiero di Anfeh. Girgi al dayaa, o “Girgi del villaggio”, prende il nome dal suo proprietario. Fedele alle sue radici di pescatore, Girgi è un uomo di cuore, chiassoso e irascibile, sempre con in mano l’arak, il liquore locale molto alcolico al gusto d’anice. I muri del ristorante sono tappezzati di foto delle creature con cui ha combattuto in mare nel corso degli anni, a bordo della sua piccola barca tradizionale, il fluka.
Il ruvido Girgi e l’elegante Anthony sono una coppia splendidamente mal assortita. Girgi strappa risate gutturali ad Anthony mentre rovina le riprese con il suo linguaggio scurrile.
Il cibo arriva rapidamente: fatteh composto da piccole alici fritte, riccioli di pane secco e morbidi ceci, il tutto coperto da yogurt tiepido ravvivato con pinoli e mandorle roventi; poi gamberi in pastella, calamari ripieni, ratatouille di pesce con succulente melanzane, pesce cotto lentamente in spezie shawarma, un sashimi locale, un polpo intero al forno e un’orata alla griglia intrisa con la santa trinità: olio d’oliva, aglio e limone.
Dalla finestra entrano i raggi dorati del sole. L’arak abbonda. E il bellissimo Libano di Rahayel sembra tutt’altro che un’illusione. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1398 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati