La diga ha tenuto. Dopo l’Emilia-Romagna a gennaio, anche il secondo grande bastione della sinistra italiana, la Toscana, ha resistito agli assalti della Lega, partito antieuropeista sostenuto da un’ampia coalizione di destra ed estrema destra. Una vittoria della formazione di Matteo Salvini alle elezioni regionali del 20 e 21 settembre avrebbe colpito duramente una sinistra già molto divisa.

Il Movimento 5 stelle (M5s) è in una situazione schizofrenica, perché insiste sul suo status di partito antisistema pur avendo un ruolo all’interno della coalizione di governo guidata da Giuseppe Conte. Il nuovo partito dell’ex primo ministro Matteo Renzi sembra condannato all’irrilevanza. Il più tradizionale Partito democratico (Pd), anche lui al governo, è l’unico a tenere in piedi la sinistra.

Sul piano nazionale gli italiani, colpiti in primavera dalla pandemia di covid-19, hanno dimostrato di essere capaci di trasformare il loro paese accettando la riforma approvata dal parlamento per portare il numero di parlamentari da 945 a 600.

La stabilità precaria che emerge dal voto ha il merito di rassicurare per il momento Bruxelles. Per Conte e i cinquestelle, che avevano fatto della riforma il loro cavallo di battaglia, è una vittoria gradita, anche se non cancella i gravi problemi che affliggono il movimento. Il voto permetterà al presidente del consiglio di non essere troppo debole in vista dei dibattiti parlamentari sul piano di rilancio che l’Italia dovrà presentare all’Unione europea.

Dopo che l’Unione ha adottato un piano da 750 miliardi di euro per contrastare gli effetti della pandemia, l’Italia deve stabilire come distribuire i 209 miliardi che riceverà sotto forma di prestiti e sovvenzioni. Conte avrà il difficile compito di compattare diverse forze centrifughe dietro un piano credibile, che ha già illustrato a grandi linee: cospicui investimenti nella digitalizzazione della pubblica amministrazione e nelle infrastrutture, riforma fiscale, rilancio di una crescita anemica (0,8 per cento nell’ultimo decennio). La prova sarà dura.

Roma ha il dovere di riuscirci. Ne va della fiducia di Bruxelles. Ma è una strada a due sensi. Delusi dalla timida solidarietà europea all’inizio della crisi sanitaria, diffidenti verso l’Unione, gli italiani attendono con impazienza l’abbandono del regolamento di Dublino e l’adozione di un meccanismo di solidarietà obbligatorio sull’immigrazione, come gli è stato promesso. Per Altiero Spinelli, politico e federalista italiano morto nel 1986, sarebbe stato il minimo. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1377 di Internazionale, a pagina 19. Compra questo numero | Abbonati