Per andare da Rangoon (o Yangon) a Mandalay qualcuno preferisce prendere l’aereo, la barca o l’autobus. Io invece scelgo il treno, come fece Paul Theroux nel 1970. Sto andando a nord per partecipare al quinto festival letterario Irrawaddy e per raggiungere Keith Lyons, scrittore di viaggi e curatore di _Opening up hidden Burma: journeys with – and without – author Dr. Bob Percival _(2018), un omaggio al nostro defunto amico Bob Percival (scrittore australiano vissuto a Rangoon). Alloggeremo entrambi all’hotel A.D.1, uno dei preferiti di Bob quand’era in città.
Il treno per Mandalay è più lento dell’autobus espresso, ma è anche più economico. Viaggiare in treno significa godersi di più la campagna circostante, tra le risaie e le capanne dove i contadini che fanno la guardia al raccolto si riparano all’ombra. Ma viaggiare in treno significa anche poter andare al bagno quando si vuole, mentre chi va in autobus è costretto ad aspettare che il bus si fermi in un’area di sosta.
Durante le vacanze, però, e in particolare nel giorno di luna piena che coincide con le festività di Tazaungdaing, a novembre, i terminal degli autobus e dei treni nel centro di Rangoon sono sempre pieni di gente che fa la fila per comprare il biglietto, anche alle tre o alle quattro del mattino. In via Bogyoke aung san, appena apre la biglietteria tutti si precipitano a comprare i biglietti di classe superiore e di prima classe, che finiscono nel giro di due o tre ore. Normalmente, la Myanma Railways mette in vendita i biglietti con tre giorni di anticipo per la classe superiore e il giorno prima per la prima classe.
Non a caso in The great railway bazaar (Il grande bazar ferroviario), del 1975, Theroux si sofferma più sulla difficoltà di comprare i biglietti che sul viaggio in treno vero e proprio. L’uomo allo sportello gli dice con nonchalance di tornare il giorno dopo – formalmente la biglietteria è “chiusa” anche se è aperta – e alla fine Theroux riesce ad arrivare a Mandalay. Poi il suo viaggio prosegue sul viadotto di Goteik, nello stato di Shan, novanta chilometri a nordest, nonostante la vista del viadotto sia “vietata ai turisti stranieri”.
Mentre ci avviciniamo alle donne che fanno il bucato e ai bagnanti, notiamo una piccola barca dove un’anziana signora prepara da mangiare
**Insalata di foglie di tè **
Quando si viaggia in treno è normale fare amicizia con gli altri passeggeri. Molti amano condividere i loro spuntini, come insalata di foglie di tè in salamoia, patatine fritte e semi di girasole. Accettare è un buon modo per avviare una conversazione, che porterà inevitabilmente a domande sul vostro lavoro o sul motivo del vostro viaggio. Di solito la gente vi chiederà se viaggiate per lavoro o per un incarico del governo e se siete della zona. La mia conversazione con i vicini dura alcuni minuti, poi arriva il personale del treno per domandarci se vogliamo un libro o un fumetto da leggere o qualcosa da mangiare. Ci sono bevande analcoliche, acqua, perfino tè e caffè preparati al momento per chi ha bisogno di una botta di caffeina.
Nel nostro scompartimento ci sono i ventilatori attaccati al soffitto e le telecamere a circuito chiuso. Due coniugi seduti accanto a me dicono di aver già fatto questo viaggio dieci anni fa. Oggi, nel pieno della festa di Tazaungdaing, che segna la fine della stagione delle piogge, hanno deciso di prendere il treno perché il marito è un tipo distinto e lo preferisce all’autobus. Mi chiedono dove alloggio a Mandalay – anche loro vogliono fermarsi lì – e se i biglietti del treno vengono messi in vendita con la stessa modalità a Mandalay e a Rangoon. La ragazza seduta dietro di me dice di sì. La notizia sembra confortarli, ma quando scoprono che nel mio albergo una camera singola costa circa 16mila kyat (11 dollari), decidono di cercare altrove. A una stazione il treno fa una sosta di pochi minuti. Quando arriviamo a Taungoo, a metà del tragitto, sono circa le undici di sera, ma nonostante l’ora salgono a bordo orde di venditori ambulanti che cercano di piazzare la loro mercanzia: banane essiccate, mangostano, riso al vapore, arachidi fritte, sesamo croccante. Decido che è ora di dormire.
Alle 7.30 del mattino dopo il treno arriva a Mandalay, la seconda città più grande della Birmania, con una popolazione di circa un milione di abitanti. Fondata nel 1857 da re Mindon come nuova capitale reale della dinastia Kongbaung, Mandalay si trova sulla riva orientale del fiume Irrawaddy. Durante la seconda guerra mondiale l’invasione giapponese della Birmania provocò molti danni al tessuto urbanistico, ma già nel 1948 la città tornò a risplendere sotto la nuova repubblica indipendente, chiamata Unione della Birmania. Oggi Mandalay non è solo il cuore economico della Birmania settentrionale ma anche l’epicentro della cultura del paese, dove ancora si praticano e prosperano dieci tipi di artigianato.
Un luogo storico
Non si può parlare di Mandalay senza citare il molo di Gaw Wain. Il nome Gaw Wain è noto a tutti gli studenti di storia birmana: è il luogo dove nel 1885, dopo la terza guerra anglo-birmana, gli inglesi prelevarono l’ultimo re della dinastia Kaungbaung per esiliarlo a Ratnagiri, in India. Il molo ha un grande significato storico. Nel film Never shall we be enslaved (Non saremo mai schiavi), del 1997, c’è una scena in cui il re e la regina birmani vengono catturati e portati su una nave. Ho sempre desiderato vedere il molo di persona. Chiedo a Keith di accompagnarmi.
Il molo si trova in una posizione strategica sul fiume Irrawaddy. Nel 1864 il principe Kanaung, fratello minore del re Mindon, fece costruire le banchine. Prendiamo un minitaxi e arriviamo a destinazione in meno di venti minuti. Il sole di metà mattina splende su una serie di chiatte e piccole imbarcazioni ormeggiate a riva. Le donne lavano biancheria e vestiti nell’acqua brunastra, smuovendola di tanto in tanto con delle mazze di legno. A differenza che nella più cosmopolita Rangoon, qui il bucato non si fa con l’acqua corrente. Lungo il pontile sono state allestite bancarelle che vendono tè e spuntini. La gente se ne sta seduta sui gradini di cemento che portano alle banchine private e a quelle a gestione pubblica. Mentre ci avviciniamo alle donne che fanno il bucato e ai bagnanti, notiamo una piccola barca dove un’anziana signora prepara da mangiare mentre il suo gatto dorme su una delle panche laterali. È una vista contrastante ed energizzante. Altre barche più attrezzate sono ormeggiate a riva in attesa del loro turno di scorrazzare i turisti su e giù per l’Irrawaddy. La vita lungo il fiume sembra tranquilla e regolare. Nel frattempo, in lontananza, una barca porta un carico di merci a valle.
A lato della strada ci sono grandi e rigogliosi alberi di banyan con motivi vivaci disegnati sulla corteccia. La nostra tranquilla passeggiata mattutina dura circa quaranta minuti, dopo di che prendiamo un altro minitaxi e ci facciamo portare in un’affollata casa da tè chiamata Karaweik, dal nome di un uccello mitologico famoso per i suoi buoni auspici. Facciamo una pausa alla celebre gelateria Naing Lon e ammiriamo alcuni graffiti su un muro vicino. Quindi ci spostiamo verso la torre dell’orologio nel centro della città e ci fermiamo a comprare dei libri da Tun Oo, la libreria più importante della Birmania settentrionale.
A mezzogiorno raggiungiamo l’hotel dove si sta svolgendo il festival letterario. Keith e io decidiamo che prima che le nostre strade si dividano dobbiamo andare a vedere il ponte U Bein, che attraversa il lago Taungthaman, vicino ad Amarapura. Inaugurato intorno al 1850 e lungo 1,2 chilometri, è considerato il ponte in legno di teak più antico e più lungo del mondo. È stato costruito con il legno recuperato dall’ex palazzo reale di Innwa, una ventina di chilometri a sud di Mandalay, e originariamente era sorretto da un migliaio di pilastri che spuntavano dall’acqua, alcuni dei quali sono stati sostituiti da blocchi di cemento. Altri sono stati travolti dalle inondazioni durante la seconda guerra mondiale.
◆ Documenti. Il visto per andare in Birmania si può chiedere online su evisa.moip.gov.mm, sito ufficiale dell’Unione del Myanmar. È valido tre mesi dal suo rilascio e 28 giorni dall’ingresso nel paese.
◆ Arrivare Il prezzo di un volo dall’Italia (China Southern, China Eastern) per Rangoon parte da 670 euro a/r. Il viaggio da Rangoon a Mandalay in treno dura circa 18 ore e il biglietto costa intorno ai 14 euro.
◆ Clima Il periodo migliore per visitare il paese è da novembre a febbraio, mentre da marzo a maggio fa molto caldo.
◆ Dormire L’hotel A.D.1 (ad1hotel.com) è un albergo a due stelle dove una stanza matrimoniale costa 12 euro
a notte. All’hotel The Home (thehomemandalayhotel.com) una doppia parte da
37 euro a notte.
◆ Leggere Emma Larkin, Sulle tracce di George Orwell in Birmania, Add 2018, 18 euro.
◆ La prossima settimana Viaggio tra i ghiacci del Pamir in Tagikistan.
Ci siete stati e avete suggerimenti su tariffe,
posti dove mangiare o dormire, libri? Scrivete a
I lavori per la costruzione del ponte U Bein (dal nome del sindaco che avviò il progetto) cominciarono quando la capitale del regno di Ava, Innwa, fu spostata ad Amarapura, tra la fine del settecento e l’inizio dell’ottocento. Negli ultimi anni il ponte è diventato un’attrazione turistica e una fonte significativa di ricavi per venditori di souvenir e prodotti alimentari. È particolarmente affollato nei mesi di luglio e agosto, il picco della stagione turistica, quando le acque del lago raggiungono il livello massimo. Paul Muller, un’amica di Keith che ha scelto di farsi chiamare con un nome straniero maschile, ci accompagna al ponte con il suo furgone.
Da Mandalay ci vuole circa mezz’ora. Una volta arrivati, vediamo persone che preparano i mote lone yay paw (palle di riso fluttuanti nell’acqua), una specie di ravioli di farina di riso ripieni di zucchero di cocco. Li regalano ai passanti per pura generosità. È sorprendente vedere le decine di visitatori che attraversavano il ponte di legno alla vigilia del giorno di luna piena del Tazaungdaing. Li vediamo scattare foto e mettersi in posa con aria gioviale. Gli aironi scivolano sull’acqua mentre le egrette si riposano spensierate a riva. Dall’alto si nota il ceppo di un grande albero mentre un gruppo di turisti in barca cerca di fotografare il ponte gremito di persone. Le anatre che si accoppiano nelle fattorie sull’isola in mezzo al lago emettono una serie di starnazzi. Tra poco scenderà la sera, oscurando ogni cosa e trasformando il ponte in una silhouette fino al sorgere della luna. Guardando verso la riva dal ponte privo di illuminazione vediamo le luci scintillanti che si riflettono sulla superficie dell’acqua. È quasi ora di tornare dove abbiamo parcheggiato il furgone, all’interno di una pagoda, e di dirigerci nel cuore della città. ◆ fas
San Lin Tun _ è uno scrittore freelance di Rangoon. È autore di An english writer, un libro sul poeta C.J. Richards_
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Questo articolo è uscito sul numero 1341 di Internazionale, a pagina 66. Compra questo numero | Abbonati