I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana Salvatore Aloïse del canale televisivo francotedesco Arte.

Lui è Kento, al secolo Francesco Carlo, rapper con dieci dischi e oltre mille concerti all’attivo. Da undici anni insegna a scrivere brani hip-hop a ragazzi detenuti nelle carceri giovanili. Tra il loro mondo e il suo c’è solo una “s” di differenza: quella che distingue “barre”, le strofe nel rap, da “sbarre”, quelle degli Ipm, gli istituti penali per minorenni. Kento è un maestro per chi è dentro e passa il tempo ad ascoltare rap. Barre è il racconto della sua ultima esperienza con ragazzi dai quattordici ai diciassette anni, i 323, nel gergo carcerario. La “s” si annulla quando si entra in sintonia con loro e “l’emozione ti fa dimenticare dove sei”. Ma pesa quando la burocrazia e le regole non scritte del carcere fanno fallire quello che si prova a fare con molta fatica. Il libro descrive i due momenti. Un’occasione per scandagliare il sottogenere del rap carcerario e per riflettere sul classismo insito nel sistema della giustizia minorile in Italia: a finire dentro spesso non sono i più colpevoli ma, si capisce dal racconto, gli ultimi per condizione economica, culturale e sociale. Una lettura da consigliare a chi si occupa di carcere minorile, utile per vedere questa realtà con gli occhi di chi per mestiere fa barre ma mostra di conoscere bene i ragazzi dietro le sbarre.

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Questo articolo è uscito sul numero 1399 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati